ISTNE


"Il Sistema Torino non esiste", lo spettacolo teatrale di Massimo Giovara, si è tenuto dal 26 al 30 marzo 2014  presso la Sala Gabriella Poli del Centro Studi Sereno Regis, in via Garibaldi 13 a Torino. Così lo spiegava Massimo Giovara prima ancora che fosse realizzato.

Lo spettacolo teatrale "Il Sistema Torino non esiste" vuole essere una voce nuova nel panorama degli spettacoli politici italiani. Se ci fate caso troverete in giro molti spettacoli di teatro di narrazione che criticano azioni e scelte politiche fatte nel passato più o meno lontano di questo paese.  È invece molto difficile che uno spettacolo teatrale tratti dei temi che riguardano direttamente le responsabilità di politici ancora in carica (a meno che non siano della parte avversa). Perché? Perché il Teatro sopravvive grazie principalmente a finanziamenti dispensati proprio da politici o da fondazioni bancarie.

Questo spettacolo parlerà proprio di loro, parlerà delle politiche culturali, della trasformazione di immagine operata su Torino negli ultimi vent’anni, anche grazie all’aiuto degli attori culturali di questa città. A partire dal faraonico “Gli ultimi giorni dell’Umanità” di Luca Ronconi, passando per le Olimpiadi del 2006, per finire con le iniziative “istituzionali” contro i tagli alla cultura e oltre.

Quale ruolo ha avuto il braccio culturale di Torino in questa trasformazione da città fabbrica a città turistica? Le strategie adottate, nella quasi totale mancanza di dissenso, hanno portato dei benefici  come molti sostengono oppure bisogna dare credito alle statistiche che descrivono Torino come una delle città più impoverite del nord, con tassi di disoccupazione giovanile altissimi, con migliaia di aziende che chiudono e gli sfratti che aumentano vertiginosamente?

I numerosi casi di corruzione e il ricorso, nella selezione dei manager e degli amministratori cittadini, a criteri spesso lontani da principi meritocratici, trasparenti e autenticamente democratici sono la punta dell’Iceberg di qualcosa che molti hanno chiamato Sistema Torino, oppure questo Sistema non esiste, come afferma qualcuno? Le fondazioni, le privatizzazioni, il TAV, porteranno Torino fuori dalle sabbie mobili di un debito complessivo superiore ai tre miliardi e mezzo di euro?

Con ironia e toni grotteschi e romanzati, derivati spesso direttamente dal carattere delle notizie con cui ci scontriamo ogni giorno, un attore-autore cercherà di parlare di tutto  questo e altro ancora, cercando di stare al riparo da una legge sulle querele unica in Europa che tutela chi ha più soldi e che punisce gravemente chi cerca di fornire un’informazione trasparente.

L’ovvia impossibilità di rivolgerci ai consueti canali di finanziamento tipici del teatro “libero” rende la vostra partecipazione alla produzione, oltre che un autentico gesto di verità e democrazia, essenziale perché queste premesse  si realizzino senza pressioni e influenze da parte dei poteri economici che ci circondano.


Massimo Giovara



Buongiorno, mi chiamo Massimo Giovara e sono un attore. E so che molti dicono che ho un brutto carattere. E che sono incostante. Sono d’accordo con loro e li amo tutti. Non volevo fare l’attore, volevo fare la rockstar, ma non ci sono riuscito, davvero. Il mio curriculum lo trovate su Google, perché noi attori e rockstar fallite siamo molto egocentrici e lasciamo un sacco di tracce in giro. Sono nato a Taranto da padre militare e madre napoletana figlia di militari. I miei genitori sono morti presto tutti e due. Ma non li ho uccisi io, giuro. Ho vissuto a Torino, affidato a una famiglia meravigliosa, in una casa in affitto nella meravigliosa precollina, in mezzo a gente abbiente. Lì ho imparato presto il significato di razzismo strisciante e umiliazion cortese. Quando l’anziano padrone di casa è morto siamo stati sfrattati da una famiglia di ingegneri, architetti e avvocati che hanno comprato a prezzo stracciato dalle Missioni della Consolata. In quel momento ho capito che esistono le classi sociali e che io non appartenevo a quella giusta.

Ho fatto filosofia perché non avevo parenti avvocati o ingegneri o architetti o notai che mi garantissero un lavoro futuro e perché non volevo fare la carriera militare e perché il mio padre militare deceduto mi ha lasciato in eredità l’esenzione dal militare e una piccola somma che ho sperperato in pochi anni. 
Di lavoro ho fatto il custode e ricerca-persone prima dell’avvento del telefonino in un’azienda dubbia, insieme ad altri studenti. E quando l’avvocato che ci aveva assunto in nero ha deciso di non pagarci abbiamo imparato a conoscere il ferreo sistema di lotta al lavoro nero attuato da sindacati e ispettorato del lavoro.
Ho lavorato saltuariamente come operaio in una piccola boita (azienda conto terzi) dell’indotto Fiat dove ho scoperto il sistema di frammentazione delle commesse che operava la grande fabbrica per abbassare i prezzi e non avere troppi sindacati tra le scatole. Divide et impera si dice. La boita è stata costretta a fallire, nonostante lavorasse bene, nel momento in cui ha cercato di diventare indipendente. E così molte altre. E non c’era la crisi di oggi. 
Ho fatto il cameriere, il lavapiatti, il manovale, l’aiuto installatore di condizionatori, insieme ad amici Moldavi, Tunisini, Vietnamiti, Cinesi. Ma siccome facevo già l’attore, ho vissuto tutto come un film. Anche i 50€ per dodici ore di lavoro al giorno (e comunque guadagnavo più dei miei compagni).
Ho anche fatto il prete, per tre mesi, in un parco di divertimenti cinese, celebravo matrimoni e lo facevo senza violare la legge cinese.
Tra un lavoro e l’altro ho conosciuto il meraviglioso mondo del Teatro, lavorando in due delle più prestigiose compagnie di ricerca italiane. A Torino e Milano. Da questo mondo probabilmente uscirò definitivamente dopo questo spettacolo. Ho anche fondato una compagnia Teatrale, insieme ai figli di importanti famiglie torinesi. E così ho capito davvero la fondamentale importanza di avere un padre e una madre illustri in una città illustre. Ho visto come si aprono facilmente porte di cui i poveracci probabilmente ignorano persino l’esistenza, ho visto la compiacenza di funzionari, impiegati, politici e assessori, ma anche di critici, registi attori e scrittori tutti tesi a sopravvivere e a mangiare. Ho visto anche tante persone oneste che cercano di fare bene il loro impossibile lavoro alla fine desistere. Ho sentito e sento lamentatio da bar su come vanno le cose ma non ho mai visto prendere iniziative concrete contro le ingiustizie, e quando lo ho fatto insieme ad altri, dopo poco siamo rimasti in quattro gatti, derisi e abbandonati. Ma forse i tempi cambiano. Forse “il momento è propizio”.
Mi sono sempre stati simpatici i centri sociali, gli anarchici e i libertari, soprattutto quelli milanesi.
Ma sono scappato da Milano un anno che ho perso casa, lavoro, amore e amicizie in un colpo solo: l’anno delle Olimpiadi di Torino.
Nel 2011 inizio a interessarmi di Picco del Petrolio e di Permacultura e faccio confluire questi temi nei miei lavori teatrali.
Nel 2012 entro con la mia compagna in un progetto di co-housing, fondato e composto da belle persone, che stimo profondamente e la cui esistenza mi è diventata necessaria. Perfetti estranei che diventano cari amici e che costituiscono una comunità intenzionale. Non siamo ancora andati ad abitare insieme ma lo faremo.
Nello stesso anno compro e leggo d’impulso “Chi Comanda Torino” di Maurizio Pagliassotti. Cerco un recapito, lo trovo, lo contatto, mi risponde, ci vediamo il giorno dopo. E da quel giorno, una volta alla settimana per qualche mese, io e Maurizio ci incontriamo per parlare vorticosamente del Sistema Torino che non esiste e del ruolo della cultura in questa città. Decidiamo di fare qualcosa insieme ma non sappiamo bene cosa. Ok. Un libro e uno spettacolo. Uguali ma diversi. Come due fratelli. Lui ha meno anni, ma il ragazzino sono io. Lui cambia idea spesso, ma solo per anticiparmi, lo farei anch’io. 


Lui scrive bene. Molto bene. E mi costringe a scrivere. Lui parla bene, molto bene. E mi costringe a parlare. E mi fa conoscere un mondo in cui le parole “verità” e “responsabilità” hanno ancora un senso. Lo so che dice di me che sono un irresponsabile come lui. Ma secondo me non c’è niente di più responsabile e coraggioso che prendersi cura della democrazia e della libertà di parola in una città che, malgrado tutto, ami smisuratamente. Rischiando del proprio. Il resto sono solo chiacchere. 







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