martedì 3 ottobre 2017

LA MAGGIORANZA VUOLE VENDERE, L’OPPOSIZIONE DIFENDE L’INTERESSE PUBBLICO: LO SCHEMA E' SERVITO!

Se esiste qualcosa di più consolidato del bilancio cittadino, è lo schema che la discussione in Consiglio Comunale sulle Partecipate ha assunto in questi ultimi anni: se si dava per scontato che l’allora opposizione pentastellata (ovvero Vittorio Vb Bertola e Chiara Appendino) nel 2013 si stracciasse le vesti per la cessione di quote di Società partecipate dal Comune di Torino, meno ci saremmo aspettati l’opposizione PD che strumentalmente cita la strategicità di alcune posizioni in funzioni del, udite udite, interesse pubblico.
Ma se questo può essere considerato un trascurabile gioco politico fine a se stesso, molte più ripercussioni sul futuro dei cittadini ha la decisione maturata stanotte dopo un tour de force di discussione durata molteplici ore: il piano di dismissione delle proprie società partecipate, al cui interno spiccano il CAAT (CENTRO AGRO-ALIMENTARE TORINO) e SAGAT, ovvero Aeroporto di Caselle e tutto ciò che ne consegue in termini di strategie cittadine.

Nel caso di CAAT l’Assessore Rolando si è “giustificato” affermando che la dismissione del 5% per il 2018 riduce la partecipazione pubblica con l'auspicio che i privati possano dare una impronta più MANAGERIALE della struttura: oh bella, la rivoluzione pentastellata consiste in una spinta nella direzione della commistione pubblico-privata, perché “PRIVATO IS BETTER”? Peccato perché Sistema Torino ha più volte politicamente perculato questa visione dell’allora Assessore Stefano Lo Russo (mentre oggi il suo sodale Enzo Lavolta difende l’interesse pubblico, ma vabbè ben vengano le folgorazioni sulla via delle partecipate).
Bene ha fatto però Lavolta a citare il dietrofront rispetto al passato della allora Consigliera oggi Sindaca, ma ancor meglio ha fatto a citare in Aula il rischio che una volta risolto ed estinto il mutuo contratto dalla CAAT, non si scelga di svendere una Società ora in salute e con i conti (quasi) a posto.
Non è che si vuol fare un favore a un privato subentrante? Mancava solo si citasse “il Sistema Torino che non esiste” poi il Pd aveva completato il nostro lavoro!

Si scherza ovviamente, ma il disorientamento nell’ascoltare il Consiglio ultimo era parecchio: non cambia la solfa nella discussione su SAGAT data l’ovvia importanza di un aeroporto in una città che continua ad abbracciare le magnifiche sorti e progressive dell’approccio turistico. La risposta dei consiglieri di maggioranza è ambivalente: da un lato si cita la competenza regionale in materia, dall’ altra, mancando di originalità, si “ricorda” all’opposizione il debito strutturale presente nel Bilancio 2015 della Città di Torino.

Per quel che riguarda le altre società partecipate rintranti nel piano (2I3T e I3P, gli inubatori di Università e Politecnico, Ceipiemonte, Environment Park, Finpiemonte, Ipla, la società Ceva Garessio Albenga spa, l’Agenzia di Pollenzo, la Banca popolare Etica, la Finanziaria centrale del latte, Finpiemonte partecipazioni.) inutile dire che le opposte visioni ricalcano uno schema più volte provato e riprovato nella scorsa legislatura: secondo il rappresentante al momento regnante, riguardano quote pressoché inutili che non spostano di una virgola l’assetto cittadino, dall’altro si contesta la svendita di pezzi altamente strategici per l’economia della città (quanto gli incubatori di startup stiano producendo un futuro roseo per le nostre generazioni è perlomeno dubbio, ma non vogliamo aprire altre parentesi infinite).

Dulcis in fundo, resta fuori dalla discussione il pezzo più ghiotto, quello realmente riguardante il Sistema Torino che esiste, resiste e persiste, ovvero IREN, se non attraverso FSU (che detiene il 33,3% del capitale sottoscritto e versato di Iren spa). Tralasciando il fatto che non si capisce come si faccia a giudicare non necessaria la partecipazione alla Centrale del latte (terzo produttore italiano, come ricorda Eleonora Artesio in Aula).

Per quanto gli attori si scambino i ruoli e non manchino gli show in Sala Rossa, il finale rimane triste: si dismettono quote di partecipate, si perdono possibilità di influire sugli interessi pubblici con il solo scopo di “aggiustare i conti”, di “fare cassa” (per quanto non lo si dica così esplicitamente).
Il principio imperante resta quello del pareggio di bilancio, di sottostare a logiche di austerity da pre-dissesto pur non essendo ancora arrivati al pre-dissesto (tagliando i servizi di ulteriori 80 milioni per il prossimo quadriennio): certo, “tutta colpa di Fassino” (Cit. Antonio Fornari tra gli altri) come si suole ripetere a giustificazione di queste operazioni.

Ci sembra un po’ pochino per un Movimento nato, in Italia ma soprattutto a Torino, con l’obiettivo di sovvertire lo status quo a partire dai principi imposti dall’ establishment economico.
Di fronte a esigenze di bilancio e Decreti nazionali redatti dal “Partito nemico”, sembra che non vi sia altra strada che tagliare il pubblico a favore del privato: a quanto pare #lalternativaéUnica .

1 commento:

  1. Dimenticate che, quando si stracciava le vesti, nella passata legislatura, era anche vicepresidente della commissione bilancio e la sottoscritta l'aveva esortata, per anni,a controllare i capitoli di bilancio e le partecipate, ma se ne è fatta un baffo. Ho numerosi testimoni a sostegno. Margherita Cardone

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