lunedì 17 luglio 2017

SPAZIO MRF, TNE E DESTINO DI MIRAFIORI: DA MARCHIONNE ALL’INDUSTRIA 4.0?

Introduzione: “PRIMA LE PERIFERIE! Ma il modello Torino resta il medesimo”
Un tranquillo dopo-cena di fine giugno alle Vallette, al fresco del balcone affacciato sul cortile interno di catrame cemento e sterpaglie si chiacchiera di politica:
Io non la voto più. Dopo un anno di Giunta Appendino qua in periferia ci sentiamo ancora più abbandonati. E mio nipote continua a essere in cassa integrazione dopo aver lavorato due anni da precario in Mirafiori.” dice la suocera.
“Eh ci vuole tempo, mancano i soldi, sono processi lunghi.” balbetto io.
“Lascia stare, io abito alla Barca e la sera non esco più, non faccio neanche la passeggiata col cane di mia figlia. Le luci dei lampioni sono coperte dalle foglie degli alberi, e io ho paura.” replica la mamma, mentre irrompe un whatsapp dallo smartphone sempre a portata di mano:
“Siamo in Santa Giulia, stanno manifestando contro l’ordinanza anti-movida, fai un salto che ne beviamo una?”

Qualcosa stride nella mia mente. L’accostamento tra erba alta, supposta-mala-movida, periferie e centro, gentrification e disoccupazione mi fanno tornare alla mente la rassegna stampa mattutina: migliaia di litri di inchiostro spesi sull’ordinanza 46, quella relativa a Vanchiglia e San Salvario, contro le due righe relative all’aggiornamento del contatore del disagio lavorativo della città industriale che fu.

A Mirafiori nelle Carrozzerie ci sono ad oggi circa 3800 persone in cassa integrazione di cui la metà in contratti di solidarietà, pressoché ignorate dalle discussioni sulla città post-industriale che sarà, se non nel classico quarto d’ora di celebrità concesso loro indirettamente (e involontariamente) dalla Sindaca Appendino a maggio di quest’anno, quando fece, a nome del Comune di Torino, la “proposta shock “ relativa a quell’area: la liquidazione della Società “TNE – Torino Nuova Economia S.P.A.", ovvero della Società pubblica creata nel 2005 per acquistare i terreni Mirafiori dismessi dalla FIAT stessa.


TNE: Da Chiamparino ad Appendino … aspettando Marchionne
Andiamo innanzitutto ad analizzare come è composta questa Società e con quali fini statutari. TNE “(…) costituita il 14 ottobre 2005 ha come missione la riqualificazione e la valorizzazione delle aree acquisite da Fiat S.p.A. per la realizzazione del Polo Tecnologico di Mirafiori e del Campo Volo di Collegno.”(1) Il capitale è costituito da Finpiemonte Partecipazioni (43,54%), Finanziaria Città di Torino Holding S.p.A. (43,54%), Città Metropolitana di Torino (10,89%) e, con la quota minuscola ma non trascurabile del 2,03% la FCA Partecipazioni S.p.A.

Finpiemonte Partecipazioni è “una società mista a prevalente capitale della Regione Piemonte", istituita nel 2007 “con il duplice ruolo di holding di partecipazione e di finanziaria di investimento”: tra i suoi azionisti vi sono Unicredit SpA, FCT Holding SpA (finanziaria del Comune), i principali istituti bancari del territorio, Confindustria e Confapi. In breve, la summa della commistione pubblico-privato a scopo di investimento sul territorio (il PD le chiamava sinergie positive, chissà invece l’attuale M5S torinese quale formula linguistica utilizzerebbe).
La holding finanziaria cittadina ha invece come socio unico il Comune di Torino ed è nata nel 2003 “per consentire alla Città di investire nell'avvio e/o nella crescita delle proprie imprese e permettere una valorizzazione immediata di patrimoni della Città, attraverso la migliore gestione delle partecipazioni.”(2)

Di fatto, sono capitali al 98% pubblici (Regione, Comune e l’allora Provincia oggi Città Metropolitana) utilizzati ai bei tempi andati del “Sistema Torino che funziona” (cit.) per acquistare i terreni della FIAT in cambio della promessa del già A.D. FIAT Sergio Marchionne (non vale ridere!) di spostare la produzione della Punto in loco, in attesa dell’arrivo di un nuovo modello, l’Alfa MITO. A dodici anni di distanza non vi è traccia alcuna del mantenimento di quella promessa, ma non bisogna mai disperare.

All’epoca ci credettero tutti così tanto da mettere in piedi una operazione da 67 milioni di euro pubblici pur di convincere “l’uomo col maglioncino” a non tradirci: in cambio ottenemmo però tantissimi fanta-posti di lavoro (e qualcuno reale) con un bel CIAONE al radioso futuro industriale della città. Sindaco di allora? Sergio Chiamparino, lo stesso attuale Presidente di Regione che si inalbera per la prospettiva di liquidazione del suo prodotto, “dimenticandosi” però di farci una proposta alternativa, un qualcosa che vada oltre il mendicare nuove promesse fantascientifiche del suo omonimo (ma su questo è in buona compagnia pentastellata, come vedremo più avanti). Certo, vorremmo urlare “Chiampa, dì qualcosa di sinistra sulla FIAT” ma veniamo immediatamente soffocati da quel meccanismo automatico della mente che ti ricorda il famoso “Se fossi operaio, voterei SI al referendum di Marchionne” (annus horribilis 2011) sostenuto dalla coppia Fassino-Chiamparino.

Tutto ciò è ormai storia. Facciamo un piccolo balzo temporale in avanti, e a quel che rimane alle spalle di Corso Settembrini, dove un residuo di produzione resiste e persiste, lasciandoci trasportare dalle magnifiche sorti e progressive presentate sul sito TNE: “Circa 300 mila metri quadrati di aree da restituire al tessuto urbano mediante interventi di riqualificazione urbanistico edilizi e di valorizzazione socio-economica”(3) è la definizione in neo-lingua “architettistica”delle fabbriche in stato di abbandono.
Restano gli immensi capannoni vuoti, all’interno dei quali regna sovrano lo spazio MRF (4), che altro non è se non il tentativo di creare un eventificio culturale “per favorire la coesione urbana e l’aggregazione sociale”. Cultura in luogo della produzione manifatturiera: il sogno distopico degli esegeti della Torino Capitale dei Grandi Eventi.
“L’obiettivo è creare un polo di attrazione e aggregazione, propulsore di sviluppo e fucina di creatività non solo per l’area urbana di Mirafiori ma per l’intera Città di Torino.” (5)

Non ho capito bene cosa significhi tutto ciò, se non l’assenza di prospettive concrete per il Polo Tecnologico; siamo nell’anno domini 2015-2016, abbiamo bisogno di distrarre l’attenzione pubblica dall'assenza di lavoro sul territorio cittadino, per cui cosa c’è di meglio dell’organizzazione di un concorso di idee per Mirafiori che tenga impegnati i creativi torinesi? Raccogliamo proposte, pubblichiamo rendering, facciamo presentazioni poliglotte e via, i lavoratori della Carrozzerie rimarranno perduti per sempre, nascosti sullo sfondo della narrazione.

Già, peccato però che tutto ciò sembri funzionare: neanche la FIOM (il glorioso e storico Sindacato dei Metalmeccanici) si pone dei dubbi a riguardo e decide di festeggiare i propri 115 anni proprio qua dentro. La Federazione dei Lavoratori Operai si ritrova nell’estate 2016 a cucinare porchetta e bere birra all’interno del tempio (abbandonato) alla ex one-company-town che mai più ritornerà, nonostante le cicliche promesse.

Tanto per alimentare ulteriormente e periodicamente il “fuffa rising” (cit. “God bless you sista”), in occasione del Salone Off 2017 è stato organizzato all’interno dei capannoni Mirafiori un quasi-rave party durante il quale Alessandro “Scuola Holden” Baricco ha letto, con sottofondo musicale di Francesco “Baustelle” Bianconi, il capolavoro letterario di Steinbeck “Furore” (peccato che venga trattato come un prodotto di consumo o un Fabio Volo qualsiasi), che all’interno delle centinaia di pagine tratta altrettanti temi socio-politici, tra i quali il dramma del lavoro e dell’anti-sindacalismo (sebbene venga presentato nelle locandine ufficiali come un romanzo sull’immigrazione e basta, parola-chiave che fa subito progressista). Chissà in quanti si sono accorti della simbologia del luogo in cui venivano decantate queste sublimi pagine della letteratura novecentesca.

Un entertainment elitario per ingannare il tempo in vista del compimento delle promesse produttive di Marchionne (alla lista d’attesa si è aggiunto nel frattempo il Compagno Giorgio Airaudo).
Insomma, nulla di nuovo sul fronte occidentale. Scrolliamo lentamente la cronologia degli eventi del gruppo “Mirafiori-TNE” fino ad arrivare al 3 maggio 20176: una deliberazione di Giunta Comunale (da proporre al Consiglio) inserisce tra gli indirizzi per l’assemblea straordinaria di TNE del 29 maggio quello di liquidare la Società stessa (curioso che in 12 anni la Città non si sia praticamente mai seduta a quel Tavolo, e al primo giro lo fa per chiudere questo surreale progetto di rilancio): causa scatenante sembra essere l’impossibilità di partecipare al necessario aumento di capitale di 6 milioni (tra Regione e Comune) utile a rimborsare la ex Provincia ora Città Metropolitana (governata sempre dalla Appendino, ricordiamolo) che decise nel 2014 di uscire dalla Società TNE.
Insomma servono tre milioni ma non li abbiamo, per cui chiudiamo baracca e burattini (e capannoni) e andiamo a casa.

Qua sorge una prima domanda: perché quei tre milioni non erano stati inseriti a bilancio previsionale (nel frattempo approvato)? Le risposte possibili sono due: o si sono semplicemente dimenticati, oppure già sapevano che avrebbero proposto la liquidazione da lì a breve. O più probabilmente non sapevano ancora che pesci pigliare, come vedremo dalle discrasie che emergono a partire dall’intervista di Guido Montanari su Repubblica del 30 aprile, che qualche scalpore e punto interrogativo lo destò.
Il Vice-Sindaco affermò di voler mantenere la vocazione produttiva dell’area, perché “non possiamo riempire le aree industriali solo con eventi e centri commerciali grandi o piccoli": beh i produttori di idee e grandi happening di Spazio MRF non l’avranno presa benissimo, ma non possiamo che accogliere con favore una presa di posizione simile.
Dalla stessa intervista: “Spesso viene sottovalutato il fatto che Fca ha mostrato di voler scommettere su Torino. Ha investito nella produzione in quest'area, ha riacquistato la pista e la bolla del Lingotto, ha realizzato nell'Officina 82 l'Heritage center, sta riassorbendo la cassa integrazione. Non penso che, come si dice spesso, voglia andare via da Torino.”

E siamo a tre! Dopo Chiamparino e Airaudo, anche la Giunta pentastellata si schiera dalla parte di chi auspica spera e prega che la FIAT continui (o sarebbe meglio dire “torni”?) a investire in città, con “la nuova classe operaia” ad alto contenuto tecnologico, latori di innovazione e sperimentazione. E chi meglio del Politecnico, che già è insediato nella zona con il corso di ingegneria dell’automobile, può fare una bella joint-ventures, ovviamente per il bene di Torino? Magari insieme a qualche fondazione bancaria, con Spazio MRF trasformato in fondazione ad hoc stile Ogr con Presidente Davide Canavesio, uomo di sistema già dentro TNE.

BOOM! Ma non era questo il modello del Sistema Torino sporco e cattivo? Tutto ruota intorno a Politecnico e soldi delle fondazioni bancarie che arrivano quando il Comune si trova in difficoltà nell’agire, non tanto (o non solo) per crisi vocazionale ma perché manca il money. Ma i money poi magicamente arrivano, dalle mani di coloro che decidono poi di sedersi a capo-tavola: ai tavoli da poker comanda chi porta le fiches, e qui accade la stessa cosa.

Una bella idea innovativa no? Anche perché nel frattempo l’ipotesi liquidazione è saltata: nel tempo intercorso tra la delibera di Giunta e l’assemblea straordinaria in TNE non è stata convocata alcuna commissione consiliare a riguardo, per cui nessun mandato a chiudere per la Sindaca. Anzi, dalla Assemblea straordinaria di TNE è uscita una ANSA al profumo di miele che recita così: “I soci - si legge in una nota - hanno espresso soddisfazione per il lavoro finora svolto dal management, con una visione progettuale di lungo periodo e in stretta collaborazione con tutti gli attori (Regione, Comune, Circoscrizione, società civile). Tale lavoro, prosegue la nota, ha portato in 5 anni all'azzeramento del debito, l'insediamento di diverse realtà, un introito totale di 30 milioni di euro per Tne e la gestione a vantaggio del territorio, con l'arrivo di oltre 150 mila visitatori per gli eventi temporanei allo Spazio MRF solo nell'ultimo anno.”

Contrordine compagni: è tutto bellissimo, per cui andiamo avanti così.
Devono essersi inoltre chiesti CHI, in caso di liquidazione, sarebbe stato disposto a comprarsi quei terreni, per i quali è facile immaginare degli altissimi costi di messa in sicurezza e adeguamento. Quanto può essere competitivo sul mercato un terreno che in dodici anni non ha suscitato nessuno straccio di interesse privato, manco per un centro commerciale che piace sempre a tutti?
Sì dai, ci abbiamo provato a illudervi ma, lo sapete, “sarà un supermercato che vi seppellirà” (cit. la nostra rubrica di maggior successo): ci pensano i Compagni di Novacoop a fare qui una bella galleria del cibo sano e nutriente, sul modello Fiorfiore in galleria San Federico. Un bel modo indubbiamente di conciliare centro e periferie, come annunciato in campagna elettorale.


ALL’IMPROVVISO L’INCOSCIENZA: il Manufacturing Technology Centre
Mentre aspettiamo che un privato interessato, anzi IL privato che fa politica industriale a Torino, palesi le proprie intenzioni, emerge con sempre più forza l’idea del Manufacturing Technology Centre, ispirandosi al precedente di Coventry, che ha fatto scuola: concentrazione in un unico luogo fisico di risorse scientifiche (laboratori e centri di ricerca), tecnologiche e produttive di eccellenza (start-up, imprese innovative, servizi).

Ad occhio e croce ci verrebbe da dire che è l’idea perfetta per l’area in cui per anni si è coltivato l’humus necessario per l’insieme di vocazioni che tanta ricchezza e fortuna hanno portato alla città (Cosa? Come dite? Ah non è così dato che siamo la città più povera e con più disoccupati del Nord Italia? Vabbè ma quelli sono particolari): il Politecnico è già presente a rappresentare la ricerca, mancano le start-up innovative dei giovani e spensierati studenti torinesi e un po’ di privati che facciano investimento.
Su quale e quanto lavoro producano realmente le start-up e poli di questo tipo cominciano ad emergere dubbi accademici a riguardo, dopo un decennio dalla nascita del modello di Coventry, ma sappiamo che il “Sistema Torino, Sistema Italia” (cit.) è bravo a far proprio modelli che hanno già dimostrato le proprie pecche nel Paese d’origine.

Su quali e quanti investimenti privati convergeranno sullo Spazio TNE emergono ancora maggiori punti interrogativi: mentre Penelope tesse la sua tela per il maglione di Marchionne, gli altri imprenditori che cosa chiedono? Lo hanno spiegato molto bene al Forum dell’ Unione Industriale torinese di metà giugno: investimenti pubblici per profitti privati, una visione pubblica della città basata su progetti e piani d’investimento privati e, dulcis in fundo, l’applicazione di tutte le clausole del Jobs Act (vi eravate mica illusi di trovare un lavoro con tutele novecentesche?).

Che dire? Difficile fare i palati fini di questi tempi, in fin dei conti (e qui siamo seri) questo progetto non fa altro che far convergere sull’area simbolo di Torino la città policentrica, pirotecnica e politecnica descritta nel celeberrimo studio di Belligni e Ravazzi ma, proprio unendo le diverse criticità sia del “modello Coventry” che gli studiosi rilevano dopo dieci anni, sia delle trasformazioni di Torino, ci piacerebbe porre queste discrasie tra narrazione e realtà al centro del dibattito pubblico.

Se l’obiettivo del rilancio è quello di creare lavoro nella città del Nord Italia con il più alto tasso di disoccupazione giovanile ben venga, ma chiediamoci da subito quale tipo di lavoro genera e destinato a chi: i 3800 cassintegrati citati all’inizio del percorso per Mirafiori e le migliaia di giovani della città universitaria hanno una certa urgenza di conoscere il proprio futuro.



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:


LINK UTILI:

mercoledì 5 luglio 2017

SALONE DEL GUSTO ALL LIFE LONG: LA FOODIFICATION DI TORINO

Si fanno sempre più interessanti le proposte dell’Assessore Sacco sulla nostra città: si temeva la città grigia, il buio oltre e dentro la siepe, le cavallette a distruggere la Torino dei grandi eventi, del loisir e del buon cibo e del bere di qualità.
Mavvà, era tutto finto! L’Assessore un Sacco gentry ha una nuova proposta scintillante per la città: i distretti enogastronomici nelle zone della movida! “Tutte le città come Disneyland” recita il pluri-citato libro di Prof. Semi, mentre ieri sera Pagliassotti ci raccontava di un futuro semi-distopico con il centro città trasformato in un parco divertimenti.

Ma quale distopia, ma quali iperboli! Il futuro è qui e comincia adesso, e l’Assessore Sacco sta cercando di dare vita a tutti i sogni più reconditi e inconfessabili degli esegeti progressisti che hanno governato le trasformazioni sabaude degli ultimi vent’anni: la città trasformata in “distretti gastronomici”, con una strategia “che si basa soprattutto sulla comunicazione”. Il tema vegan in Vanchiglia, quello enologico a San Salvario, il divertimento ai Murazzi. Chissà se ci saranno anche le frecce per terra che indicano la direzione da seguire come a Ikea.
Altro che repressione anti-movida, altro che fascismo! La base pentastellata che contestava Salone del Gusto e narrazione da parco giochi dovrà buttare giù l’ennesimo boccone amaro, forse il più grande: un mese a parlare di movida sì/movida no, di distretti “quality” del food e di mojito da asporto.

Siamo passati dalla retorica quasi ossessiva sulle periferie e la contrapposizione code ai musei/code alle mense all’ ampliamento delle zone movida (I Murazzi devono riaprire!) e la giustapposizione code ai locali vegan/code per il drink di qualità.
O forse l’anti-sommossa servirà ad allontanare chi intende mangiare carne a Vanchiglia o bere vino scadente a San Salvario: non osate farlo, qui solo quality! E i poveri continuino a mangiare merda (ops, junk food, suona meglio) in periferia.

Nel frattempo si rilancia l’idea di riaprire i Murazzi, come se bastasse tirare fuori le chiavi del portone: sia chiaro, è ovvio che i Muri vanno salvati dalla desertificazione in corso, e pochi meglio di noi hanno seguito l’iter di questi ultimi anni. Problemi tecnici apparentemente insormontabili hanno preso il sopravvento su volontà politiche di qualsiasi colore. Per questo avremmo alcune domande da fare all’ Assessore (le facciamo qui, tanto sappiamo che intervistare un Assessore pentastellato è più complicato del Passo del Mortirolo):

Come pensa l'Assessore Sacco di risolvere in meno di un anno tutte le questioni tecniche e politiche relative ai Muri che si sono “accumulate” in tre?
Dei vecchi bandi sui Murazzi cosa ne facciamo?
Interessante la questione dei distretti gastronomici, ma come pensa di crearli?
Limitando le licenze (ammesso e non concesso che qualcuno riesca a farlo data la relativa liberalizzazione)? Proprio lui che sembra il più liberista e vicino ai commercianti tra i “tecnici” della Giunta?
Ultima (banale) provocazione: un locale con bere di qualità che si ritrova nel distretto del cibo di qualità che fa, chiude?

Aldilà delle facili ironie e battute che si possono fare a riguardo, ci piacerebbe che la stagione estiva degli annunci finisca qui: abbiamo già visto quanti danni ha fatto una comunicazione errata sull’ordinanza 46. Dall’asporto sì/vetro no/somministrazione forse, con relativa rappresaglia in Piazza Santa Giulia, non vorremmo assistere ad un nuovo teatrino comunicativo a riguardo, giusto perché poi è facile accusare i quotidiani parte del gombloddoh giudo-plutaico-massonico. Diteci come volete fare, spiegatecelo fino in fondo e poi si valuterà: se scopriremo che è l’esatto contrario del programma elettorale e l’esatta “prosecuzione con altri mezzi” della Torino progressista dei ricchi premi e cotillon ce ne faremo una ragione.

E con noi tutti gli attivisti e i portavoce che continuano a considerare gli Assessori dei semplici tecnici al servizio del Movimento e di Torino.