martedì 19 aprile 2016

COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI? INTERVISTA AD ALESSIO ARIOTTO, CANDIDATO SINDACO PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI (PCdL)

Secondo i dati del Rapporto Rota 2014, la speranza di vita nelle periferie torinesi si sta accorciando. Si vive meno, e male, a pochi passi dal centro invaso da turisti e grandi eventi: come è stato possibile? E cosa proponete per invertire la tendenza?
E' stato possibile perché le periferie sono una delle classiche conseguenze delle company towns, ovvero le città nate e cresciute al servizio di una grande azienda (Torino come Manchester o Detroit).
Si tratta di quartieri dormitorio che finita la funzione poco a poco vengono abbandonati e muoiono e con essi gli abitanti. Se non c'è una rete di piccoli negozi di quartiere, di attività culturali, di centri sportivi comunali, cinema e teatro ma solo uno o più centri commerciali è inevitabile che peggiori anche il livello qualitativo della vita: sono zone dove andranno ad abitare cittadini a basso reddito,
dove la devianza giovanile è quasi inevitabile, dove però si creano anche le condizioni per un vero e proprio allevamento “in batteria” di altra manovalanza da sfruttare in competizione con quelle già esistenti (vedi migranti).
Invertire la tendenza vuol dire invertire il sistema: liberarsi dalle catene del lavoro salariato e quindi abbattere il sistema capitalista (ormai morente a sua volta) che è la causa di questa situazione. A livello comunale si dovrà stimolare la nascita di consigli di quartiere autogestiti, anche a livello di sottozone specifiche, in contrapposizione con le circoscrizioni. Insomma fare contropotere. Ma avendo il sindaco a favore!

Incrociando i dati dell’Osservatorio Caritas 2015 con il Rapporto Rota, emerge l’immagine di una periferia in cui i servizi pubblici diminuiscono, gli utenti dei servizi sociali aumentano e la scuola riproduce fedelmente le differenze di classe. Quali risposte intendete mettere in atto? Tra un modello di regime urbano pro-welfare ed uno neo-liberista, quale pensate di adottare per il futuro?
La risposta è già quella precedente. Posso aggiungere che non penso, da comunista rivoluzionario, né ad un sistema pro-welfare o tanto meno ad uno neo-liberista; semmai ad una rideterminazione delle priorità sulla base dei bisogni primari dei cittadini (casa, asili, trasporti)  da finanziare con prelievi generalizzati a carico delle fasce di reddito medio-alte: ad esempio tassa d'ingresso in città (ove possibile essendo la ZTL tutta pedonalizzata) sulle auto parametrata alla potenza, campagne di controllo sugli immobili abitativi con sanzioni per i frequenti illeciti, sostegno alla lotta contro tutte le evasioni e pretesa di compartecipazione agli incassi, etc.

Gli stranieri residenti in città sono concentrati in poche zone della periferia (soprattutto Borgata Monterosa, Aurora, Borgo Dora e Corso Vercelli) e sono colpiti dalla crisi e dal disagio della povertà in maniera drasticamente più forte. Quali politiche intendete attivare sul territorio per favorire una integrazione economica e sociale reale dei nuovi arrivati?
Le politiche non si fanno per razze ovviamente ma per redditi (cioè per classi). Il che evidentemente sconfessa l'idea xenofoba che l'immigrato ruba risorse e posti di lavoro.
Per esperienza personale posso dire che molti migranti e tutti i rifugiati sono estremamente disponibili e sensibili ad un modo di vivere autogestito e comunitario; sono semmai gli italiani a fare fatica ad uscire dal proprio particolarismo e a mettere in comune le difficoltà. Quindi l'obiettivo del sindaco PCL sarà proprio quello di favorire la conoscenza e la collaborazione fra tutti i cittadini, di qualunque origine, che siano sfruttati e vittime del sistema, per creare una coscienza collettiva comune in vista di un cambiamento radicale “dello stato di cose presente”.

Si parla spesso di rinascita, anche culturale, delle periferie: che cosa fareste voi “lontano dal centro” in questo weekend? Casa del quartiere, centro commerciale aperto la domenica o Yoga al Museo Ettore Fico?
Lo Yoga al museo potrebbe essere curioso. Ma potrei anche andare al centro commerciale, ma non dico per fare cosa. Alla Casa del Quartiere dipende dalle iniziative ovviamente. Ma nei week end, che però oggi non esistono per tutti ma che non esisteranno proprio più quando riusciremo a sconfiggere il lavoro, credo che tutt@ dovrebbero andare sempre “fuori città” per capire meglio quali problemi ci sono in città.

Torino è la città con record di sfratti (in stragrande maggioranza per morosità) ed alto numero di case sfitte. Il movimento per l’ abitare è “tragicamente forte” in città: a Barcellona Ada Colau è diventata Sindaca partendo da quell’esperienza, a Torino come penserete di relazionarvi con chi si occupa attivamente di disagio abitativo?
Continuando da sindaco a fare quello che faccio adesso da militante e avvocato: sostenere le occupazioni, difendere gli occupanti, colpire le rendite!

L’esperienza dei forconi è stata una delle manifestazioni più potenti del disagio delle periferie pronte ad esplodere. Come valuta quell’ esperienza di popolo che ha messo a soqquadro la città per qualche giorno?
Boulangismo deprecabile sopravvalutato dai giornali e da qualche intellettuale in carenza da palcoscenico. Torino è la città con il maggior numero di mercati rionali, eredità anche questa della città fabbrica, e ciò è una cosa ottima e bellissima, ma i mercatali (ossia quelli che hanno fatto il forconazo a Torino), quasi tutti figli o nipoti di operai, sono una categoria ambigua e nebulosa che tiene insieme aree contigue alla criminalità con lavoratori indefessi, tifosi ultras e scambisti, insomma un brodo primordiale da cui può uscire tutto o gnente. In quel caso non è uscito niente.

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