mercoledì 27 aprile 2016

Grazie Torino: asilo politico, debito, accoglienza

E’ domenica pomeriggio, sto facendo le pulizie di primavera, bello perché mi isola da tutto il resto, il sole filtra dalle finestre mentre l’indie-rock rimbomba contro i muri e la casa comincia a risplendere di luce propria. 
Tutto fila per il verso giusto insomma, finché una sistemista non decide di rovinarci la giornata “proponendoci” l’articolo del giorno: rifugiati perlopiù pakistani e nigeriani stanno facendo le “pulizie di primavera parallele” in città. 

Zerocalcare risponderebbe “esticazzi?” ma noi siamo più prosaici e cerchiamo di capire la notizia, che è la seguente: un centinaio di rifugiati rientrano in un accordo Amiat-Comune che “permetterà” loro di lavorare, a titolo gratuito, per tre mesi tutti i sabati dall’alba al primo pomeriggio. Entusiasta la dichiarazione del vicesindaco Elide Tisi: "Si restituisce alla città quanto è stato offerto per l'accoglienza". Primo obiettivo: ripulire la zona della Gran Madre ai piedi della collina. Mentre mi scuso per l’ utilizzo dell’ ossimoro “lavoro gratuito”, mi chiedo se esiste una metafora più perfetta di un rifugiato che raccoglie le cartacce al mattino presto sotto l’ombra delle ville del gotha del potere economico-sociale della città.

Vado quindi alla ricerca di una definizione rapida dello status di rifugiato, che è la seguente: “Lo status di rifugiato è uno dei possibili status – il più forte – di cui può godere uno straniero o un apolide che accede al diritto d’asilo in Italia; esso ha come presupposto il timore fondato di persecuzione individuale dello straniero nel suo Paese e consiste in una serie di diritti e doveri riconosciuti alla persona in tutti gli Stati del mondo in cui è in vigore la Convenzione di Ginevra e specificati da norme dell’Unione europea che includono lo status di rifugiato tra le figure che danno luogo alla protezione internazionale, insieme allo status di protezione sussidiaria.” 

Un po’ lunghina, lo ammettiamo, ma importante: per esempio ci ricorda che tale status viene riconosciuto a chi fugge da guerra e persecuzione; insomma, dalla morte sicura, o quasi. E su quei barconi rischiano la morte per fuggire dalla morte. 
Pesa eh quel groppo in gola che viene a leggere tre volte di fila la parola “morte” in due righe? Ecco, andando avanti nell'approfondimento giuridico di tale status, non abbiamo trovato ove rientra la possibilità di mandar loro in giro  per la città con la scritta 
“GRAZIE TORINO”  (PREGO NEGRO).
Ah ecco, grazie per cosa? Beh, per la nostra magnanimità nell'accoglierli, per le possibilità che gli offriamo, noi che ci siamo fatti il mazzo per costruire questa nazione e questa città così prospera e giusta (Sigh!). Solo che poi c’è l’altra vocina, l’armadillo di Zerocalcare* per intenderci, che ci chiede: cioè fuggono da guerre fame e miseria e devono pure svegliarsi alle cinque del mattino per ringraziarci pulendo le nostre cartacce? Per sdebitarsi? Ed il nostro credito in cosa consiste? Da cosa deriva, dall'essere nati dalla parte giusta della Terra?
Tale operazione, ça va sans dire, viene inaugurata in pompa magna, con foto articoli e video connessi, per poter entrare a gamba tesa nella campagna in corso: è costernante sapere che qualcuno abbia pensato che tutto ciò produrrà dividendi elettorali. Ancor più costernante è accorgersi che ha ragione: il voto di destra sarà decisivo in caso di eventuale ballottaggio, e siamo sicuri che quella scritta a caratteri cubitali solletica parecchi animi scuri ed oscuri della capitale sabauda.

Come se non bastasse, tutto ciò avviene a ridosso del 25 aprile, quella Festa della Liberazione cheil Presidente della Repubblica nonché una circoscrizione di Torino a maggioranza PD hanno deciso di intitolare ai due marò (sempre nei nostri pensieri). Premesso che nessuno può permettersi di dedicare la ricorrenza della liberazione dal nazi-fascismo a niente e nessuno, che tu sia istituzione o semplice cittadino, Sistema Torino ne ha “approfittato” per riflettere ad ampio raggio sullo stato della nostra società e sceglie proprio questa settimana incastonata tra 25 aprile e primo maggio per lanciare un auspicio, a vantaggio dei rifugiati, migranti, immigrati neri gialli verdi: auguriamo loro (e a noi) che il nostro Paese “di accoglienza” incontri una nuova Liberazione. Una Liberazione dall’ignoranza, dal pregiudizio, dal Noi contro Loro, dalla presunzione di essere dalla parte della ragione, quella ragione che ci fa sentire “persone meglio” nel mandare dei rifugiati in giro con un ringraziamento sulle spalle.
Auspichiamo una Liberazione dalla guerra tra poveri, dai post che sottendono una inferiorità dell’immigrato in quanto tale, che sia una romena che festeggia la scarcerazione dopo nove anni di carcere (vero Gramella?) o un siriano che fugge dall’orrore. 
In fin dei conti è tutto coerente: settant’anni fa i nostri nonni andarono sui monti per liberarsi e liberarci dal fascismo quello vero, quello che ammazzava ebrei negri froci. Settant’anni dopo abbiamo cambiato il termine con cui li definiamo, ma è rimasto invariato il senso di diversità e di alterità sotteso. 
E’ giunta l’ora di una nuova Liberazione: per i nostri avi partigiani, per noi stessi, per gli esseri umani in cerca di pace e di tranquillità, per il mondo che lasceremo ai nostri figli.

*La reiterazione dei riferimenti a Zerocalcare è un messaggio subliminale molto semplice: andate a comprarvi “KOBANE CALLING” e leggetelo. Vi entrerà sotto pelle.

venerdì 22 aprile 2016

LETTERA APERTA A CHI CREDE NEL 25 APRILE, E RICONOSCE COME FONDANTE DELLA NOSTRA SOCIETÀ IL VALORE E LA PRATICA DELL’ANTIFASCISMO

Che cos'è per voi il 25 aprile? L'immagine nella nostra mente è quella di una data che parte dal buio della Storia e poi arriva insieme ad una lunga fiaccolata, al termine della quale vi è il palco in piazza Vittorio e il consueto discorso del Sindaco Fassino, figlio di un partigiano. 

Ah i partigiani, certo: una volta accesa la luce della Storia e delle celebrazioni, il nostro cuore si stringe e ci alziamo tutti simbolicamente in piedi di fronte a coloro che hanno fatto la resistenza, che hanno lottato per la nostra libertà. Già, sembrano così distanti da noi: eppure, c'è chi ancora oggi nel 2016 lotta per la libertà di tutte e di tutti, qua nei nostri territori mentre la vita quotidiana scorre placida.

Sistema Torino nasce fondandosi sul dissenso e sulla difesa di chi pratica tale diritto ogni giorno: la sua negazione ad un solo cittadino genera privazioni per tutti.
Così, a pochi giorni dalla celebrazione uniamo il passato ed il presente condividendo l'appello scritto dalle famiglie e dagli amici di chi oggi, per aver lottato per la libertà propria ed altrui, si ritrova colpito da misure cautelari: beh la cautela è importante. 
Peccato che tradotto dal giudiziario significa sempre più ragazzi, cittadini, compagni si ritrovino a pagare una pena senza che un tribunale li abbiano ancora giudicati colpevoli. 
Ma poi colpevoli di che cosa? Di aver manifestato e praticato il dissenso? Di essersi opposti ed aver agito contro i fascisti del terzo millennio? Contro la devastazione dei territori? 

La vera questione è che ci ritroviamo di fronte ad un moloc che avanza sempre più forte e che ogni giorno restringe il recinto di libertà in cui viviamo. 
Per cui il 25 aprile scendiamo in piazza e facciamo sentire quanto i valori della resistenza siano vivi e sempre più necessari anche nel 2016: la lotta non si arresta.


LETTERA APERTA A CHI CREDE NEL 25 APRILE, E RICONOSCE COME FONDANTE
DELLA NOSTRA SOCIETÀ IL VALORE E LA PRATICA DELL’ANTIFASCISMO.

Siamo le madri e i padri, i familiari e i tanti amici dei 28 ragazzi e ragazze che, nella nostra città
-medaglia d’oro per la Resistenza-, sono stati sottoposti a misure cautelari molto dure
Non per aver rubato soldi pubblici né per aver avvelenato l’aria con la polvere di amianto, ma per aver lottato contro il treno ad alta velocità Torino-Lione, oppure per aver difeso le aule universitarie dai tentativi sempre più frequenti di infiltrazione da parte dei fascisti torinesi, o ancora per aver manifestato in corteo contro la presenza e i comizi di un partito xenofobo e razzista che ben conosciamo.

Ebbene questi ragazzi sono stati “incarcerati in casa”, in stretto isolamento, costretti quindi alla perdita del loro lavoro, allontanati dalla frequentazione dei loro corsi universitari (per cui hanno
pagato tasse sempre più alte) e dei loro amici, o di tutte queste cose insieme. Tutti, privati dei loro affetti.
E tutti noi familiari, privati dei nostri figli, o sottoposti con loro a restrizioni personali molto forti; obbligati a tener fuori da casa nostra l’idraulico o il nonno o il postino; svegliati durante la notte dai frequenti, pretestuosi, controlli di solerti forze dell’ordine. Con l’angoscia e la consapevolezza che, per i nostri figli, si sta creando un chirurgico isolamento sociale.

Questi ragazzi, che sono tutti in attesa di processo, quindi non ancora giudicati da sentenza, vivono questa repressione per aver fatto quello che NOI gli abbiamo insegnato : valori antifascisti e di solidarietà; quello che NOI, forse per stanchezza, o per il troppo impegno che oggi è indispensabile per mantenere a galla noi stessi le nostre famiglie e le nostre case, non facciamo più. Magari pensiamo, e giudichiamo. Ma non agiamo. Loro invece sì, agiscono quotidianamente. Con coraggio, con intelligenza del presente, con generosità e simbiosi con gli ultimi.
Non con la violenza, agiscono, ma con una cosa semplice dal nome antico che tutti conosciamo: la libertà di dissenso, il coraggio della partecipazione.
NOI glielo abbiamo insegnato, e allora, davvero ritenete di poterci sostituire, di poter far meglio di noi, nell’educazione politica e sociale dei nostri figli, comminando isolamento e punizione e impoverimento prima del processo?

Tutti questi ragazzi sono nostri figli ed è giunto il momento, per noi, di agire per loro. I nostri ragazzi non sono solo "nostri", perché lottano ogni giorno per migliorare il futuro di tutti/e, senza anteporre interessi personali.
Oggi come genitori e parenti prendiamo temporaneamente il loro posto perché dei giudici poco imparziali continuano a privarli della libertà punendoli senza che ancora ci sia una sentenza. 
Si dice che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio, in queste e altre vicende non vi è nemmeno un processo.
Testimoniamo la loro assenza con i nostri corpi e con le loro idee, per la costruzione di un presente migliore e per un futuro di diritti uguali per tutti e tutte.
Siamo qua, pronti a prendere il loro posto, almeno per un poco, almeno fino a che ce la faremo.
Con i nostri corpi.

giovedì 21 aprile 2016

LA CAVALLERIZZA NON ESISTE


E’ ufficiale: la Cavallerizza non esiste. Non esiste l’Assemblea. 
Non esiste la partecipazione. La democrazia dal basso n'existpas.

Cavallerizza Reale diventa Irreale. Ciò che esiste, invece, è il Masterplan del Comune di Torino presentato il 19 aprile 2016 dal Sindaco e l’Assessore Passoni durante la V Commissione Consiliare; esiste un’associazione, Salviamo Cavallerizza nata dal ventre dell’ormai inesistente Assemblea Cavallerizza 14:45 ed esiste un’occupazione che dichiara l’autogoverno ma rifiuta e rinnega le sue stesse logiche assembleari. Le dinamiche che caratterizzano queste tre entità, nonostante i proclami, non sembrano differire. 
Un gruppo di cittadini, in nome della cittadinanza, s’impossessa di un immobile patrimonio dell’umanità, un soggetto giuridico privato, con sede legale negli spazi di via Verdi, si prende in carico la difesa dello stesso immobile, un ente pubblico di concerto con le banche, elabora un meraviglioso piano di valorizzazione. Ognuno di questi soggetti agisce a porte chiuse, portando avanti logiche privatistiche, lasciando di fatto fuori dai processi decisionali quei 10.000 cittadini firmatari di un appello contro la svendita della Cavallerizza. 

Il Comune rassicura: in via Verdi nascerà un grande distretto multi-culturale e multi-creativo, multi-integrato, multifunzionale e multi-aperto, ovvero fruibile dalla cittadinanza. Si tratta nello specifico dell’87 % del ground zero di Cavallerizza Reale ma la fruibilità, oltretutto parziale, non ha nulla a che fare con la titolarità né con la gestione pubblica di un bene. 
Cinque milioni di euro è il budget necessario per la realizzazione del piano del Comune di cui un milione e mezzo recuperato dal bilancio comunale. I restanti tre milioni e mezzo di risorse verranno stanziati in parte dallo Stato in parte, è facile ipotizzare, da soggetti privati portatori d’interessi di profitto sull'immobile.
Oltre al preannunciato reingresso del Teatro Stabile all'interno del Maneggio Alfieriano, si prevede l’hostelcharmant, a gestione rigorosamente privata, così come gli spazi dell’Accademia militare destinati al terziario. Gestione ibrida: pubblico privata per le residenze studentesche. 
Previsti anche: info point e biglietteria unificata per le attività culturali del sistema torinese. Le Pagliere invece saranno destinate ad ospitare un incubatore culturale; qui sembra si paventi la possibilità per gli occupanti meno ambiziosi di ottenere uno spazietto. 

Mentre il Comune, a porte chiuse, lavorava alla spartizione di Cavallerizza, un gruppo interno all’Assemblea 14:45, porta in faccia alla cittadinanza, si trasformava in Cavallerizza Irreale elaborando la fase 2.0 dell’occupazione: monopolizzazione dei mezzi di comunicazione, conferimento di piena autonomia ai gruppi di lavoro, destrutturazione dello spazio Assembleare. 

Solo poco tempo addietro nasceva l’Associazione Salviamo la Cavallerizza con lo scopo di sviluppare azioni legali, raccogliere fondi e creare uno strumento formale per tutelare l’immobile, non riconoscendo di fatto e sottraendo una parte di legittimità alla collettività informale.
Poco o nullo lo spazio di discussione pubblica intorno a Cavallerizza. Svanito il sogno di un processo condiviso? Svuotata d’ogni senso la parola partecipazione? Abbandonata ogni velleità di rivendicazione di Cavallerizza come Bene Comune? 

Una risposta sembra arrivare da Piattaforma Arte Spettacolo e Conoscenza che lo scorso 8-9-10 aprile ha organizzato una tre giorni con l’obiettivo di riaprire il dibattito, e di farlo pubblicamente, sul tema dell’Accessibilità alla Cultura e ai Beni Comuni. Tra gli interessi della piattaforma non poteva mancare Cavallerizza Reale, di cui vorrebbe ancora immaginare un futuro diverso che contempli una governance partecipata, condivisa e aperta alla cittadinanza. 

Ma la Cavallerizza non è, semplicemente non esiste e per governarla insieme bisognerebbe inventarla. 

martedì 19 aprile 2016

SPECIALE ELEZIONI: COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI? LE RISPOSTE DEI CANDIDATI AL CONSIGLIO COMUNALE

Dopo il successo del nostro primo focus sulle elezioni Comunali di giugno riguardante movida e gentrification, abbiamo deciso di bilanciare in qualche modo l’attenzione ed andare verso quelle aree della città meno interessate dai processi di crescita e trasformazione (aldilà di come li si valuti): le periferie, ampiamente citate in questo inizio di campagna da tutte le coalizioni in corsa come punto fondante del programma.

Tra Torino policentrica ed evoluzioni in corso, nuovi ricchi e nuovi poveri, tra un centro commerciale e lo yoga al Museo Ettore Fico, ecco come si sono districati i candidati e le candidate, che ringraziamo ampiamente per la disponibilità dimostrata.

Le interviste che vi presentiamo sono a:


COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI?: INTERVISTA A MICHELE PAOLINO, CANDIDATO CONSIGLIERE PARTITO DEMOCRATICO (PD)

Secondo i dati del Rapporto Rota 2014, la speranza di vita nelle periferie torinesi si sta accorciando. Si vive meno e male, a pochi passi dal centro invaso da turisti e grandi eventi: come è stato possibile? E cosa proponete per invertire la tendenza?
La crisi internazionale che ha colpito le famiglie di tutta Europa non ha risparmiato Torino. E’ evidente che in un periodo di difficoltà possa farsi strada, anche a livello individuale, una percezione di pessimismo in relazione alla propria vita. In realtà, il rapporto Rota 2015 dice che una tendenza che caratterizza da decenni molte città europee, e quelle italiane in particolare, è data dal progressivo invecchiamento della popolazione. A Torino l’incidenza delle persone con oltre 64 anni è cresciuta dal 16,9% del 1991 al 24,8% del 2012, nel resto dell’area metropolitana dall’11,4% al 21,6%.

COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI? INTERVISTA A VALENTINA SGANGA, CANDIDATA CONSIGLIERE MOVIMENTO 5 STELLE (M5S)

Secondo i dati del Rapporto Rota 2014, la speranza di vita nelle periferie torinesi si sta accorciando. Si vive meno, e male, a pochi passi dal centro invaso da turisti e grandi eventi: come è stato possibile? E cosa proponete per invertire la tendenza?
Diciamo che la necessità di affrancarsi dal paradigma di sviluppo industriale per adottarne uno improntato sulla valorizzazione dell’offerta culturale e turistica cittadina, e quindi sull'organizzazione di manifestazioni artistiche e sportive per attirare risorse e generare indotto, è stato il grande obiettivo conclamato non solo dell’ultima amministrazione Fassino ma, più in generale, dell’intero ventennio in cui il centro-sinistra ha governato Torino. Credo che a più di 20 anni dall'inizio di quel processo di ricerca di una nuova vocazione per la città sia giunta l’ora di tirare le somme, di decretare se quella

COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI? INTERVISTA A ELEONORA ARTESIO, CANDIDATA CONSIGLIERE TORINO IN COMUNE

Secondo i dati del Rapporto Rota 2014, la speranza di vita nelle periferie torinesi si sta accorciando. Si vive meno, e male, a pochi passi dal centro invaso da turisti e grandi eventi: come è stato possibile? E cosa proponete per invertire la tendenza?
Il rapporto tra condizioni socioeconomiche e stato di salute non è una novità: lo sostiene da sempre l' OMS e lo descrive la storia registrando le diminuzioni di morti alla nascita e il prolungamento degli anni di vita in Paesi in cui sono stati sviluppati programmi di accesso all'acqua pulita, di vaccinazioni, di sostegno alimentare; lo scrivono costantemente gli epidemiologi. Il rapporto tra influenza del patrimonio genetico e stile di vita versus l'influenza del contesto socio ambientale muta secondo la cultura e i sistemi di protezione dei Paesi; il modello statunitense considera quale causa principale di

COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI? INTERVISTA AD ALESSIO ARIOTTO, CANDIDATO SINDACO PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI (PCdL)

Secondo i dati del Rapporto Rota 2014, la speranza di vita nelle periferie torinesi si sta accorciando. Si vive meno, e male, a pochi passi dal centro invaso da turisti e grandi eventi: come è stato possibile? E cosa proponete per invertire la tendenza?
E' stato possibile perché le periferie sono una delle classiche conseguenze delle company towns, ovvero le città nate e cresciute al servizio di una grande azienda (Torino come Manchester o Detroit).
Si tratta di quartieri dormitorio che finita la funzione poco a poco vengono abbandonati e muoiono e con essi gli abitanti. Se non c'è una rete di piccoli negozi di quartiere, di attività culturali, di centri sportivi comunali, cinema e teatro ma solo uno o più centri commerciali è inevitabile che peggiori anche il livello qualitativo della vita: sono zone dove andranno ad abitare cittadini a basso reddito,

COME STANNO LE PERIFERIE TORINESI? INTERVISTA A VINCENZO CHIEPPA, CAPOLISTA PARTITO COMUNISTA (PC)

Secondo i dati del Rapporto Rota 2014, la speranza di vita nelle periferie torinesi si sta accorciando. Si vive meno, e male, a pochi passi dal centro invaso da turisti e grandi eventi: come è stato possibile? E cosa proponete per invertire la tendenza?
L'accorciamento della speranza di vita è una diretta conseguenza del drammatico impoverimento che ha colpito le classi popolari e dunque in particolare chi vive nelle periferia della nostra città.
Le diseguaglianze hanno ormai raggiunto livelli scandalosi con una concentrazione della ricchezza in strati sempre più esigui di popolazione. A fronte di queste dinamiche anche una amministrazione locale dovrebbe porre al primo posto della sua agenda la lotta alla povertà, al contrario si è prediletta una azione di pura immagine che vede nei grandi eventi la massima espressione di questo orientamento.

giovedì 14 aprile 2016

GOZZI, IL PD E LO STORPIO: LE DIMISSIONI SELETTIVE

Ormai l’antefatto della vicenda lo conoscete tutti: non è diventato proprio un fatto di cronaca nazionale, ma ormai i social veicolano informazioni più velocemente di qualsiasi mass media tradizionale (che piaccia o meno). Un rappresentante torinese del PD in piena estasi da campagna elettorale decide di entrare a gamba tesa nella contesa savonese, andando ad apostrofare come “storpio” un contendente politico su sedia a rotelle. Sì, storpio. Non lo sapevate? Sì sì ha detto “storpio”, e poco dopo ha anche detto di essere di sinistra. E progressista, e di grande apertura civile, cosa che si denota spesso dalla sua attività su Facebook (abbiamo sottolineato nel nostro precedente post come abbia definito la Chiesa Ortodossa un ente “che distribuisce sacramenti a cazzo di cane”).

martedì 5 aprile 2016

REGGIA DI VENARIA: "NON SI TRATTA DI TAGLI MA DI RAZIONALIZZAZIONE DEL SERVIZIO" DISSE LA PARIGI


Ecco il video racconto della giornata di ieri con l'intervista all'Assessore alla Cultura della Regione Piemonte Antonella Parigi.

I fatti 
Per molti giorni gli organi di stampa hanno riempito le pagine della cronaca torinese sbandierando il boom di visitatori della Reggia. Il 30 aprile scadono i 4 anni dell' appalto affidato alla ATI (Associazione Temporanea di Impresa) LA CORTE REALE SRL che gestisce i servizi di assistenza accoglienza sorveglianza delle opere, biglietteria e call center (in pratica tutti quei servizi che il pubblico ha dismesso perchè altrimenti rischiava di farci i soldi). 
Non c’è alcuna garanzia per i lavoratori coinvolti: non si sa se tutti verranno “transitati” all’azienda entrante, ed anzi l’unica cosa sicura è il taglio di circa il 40% delle ore messe in appalto (nonostante il recente attivo sbandierato dai giornali). Persone che dal 2006 aprono la Reggia al mondo e contribuiscono al successo suo e di tutti coloro che si riempiono la bocca parlando di turismo e cultura come settori strategici della Torino di oggi.

lunedì 4 aprile 2016

REGGIA DI VENARIA: AUMENTANO I TURISTI, DIMINUISCONO I LAVORATORI

Avete già letto La Stampubblica oggi? Vi siete lasciati eccitare dal nuovo record di visitatori raggiunti dalla Reggia di Venaria? Abbiamo battuto gli Uffizi di 50 mila, superato Caserta di dozzinate di bus, e se tutto va bene agganciamo Pesaro e ci salviamo (ops questo è basket, scusate).
Bella, bellissima la mostra fotografica di Steve McCurry, non vediamo l'ora di riuscire a visitarla: bello vedere la cultura che rilancia in questo modo la nostra città, molto più figa adesso rispetto a vent'anni fa. Code e turisti come se piovessero: è il RILANCIO ECONOMICO!

Vero lavoratori di Venaria? Ehm no, purtroppo no.
Le lavoratrici e lavoratori di Venaria sono in lotta, lottano per mantenere un salario decente, chi ne avrà ancora uno: il 30 aprile scadono i 4 anni dell' appalto affidato alla ATI (Associazione Temporanea di Impresa) LA CORTE REALE SRL che gestisce i servizi di assistenza accoglienza sorveglianza delle opere , biglietteria e call center (in pratica tutti quei servizi che il pubblico ha dismesso altrimenti rischiava di farci i soldi).
NESSUNA GARANZIA per i lavoratori coinvolti: non si sa se tutti verranno “transitati” all’azienda entrante, ed anzi l’unica cosa sicura è il taglio di circa il 40% delle ore messe in appalto. Lavoratori che dal 2006 aprono la Reggia al mondo e contribuiscono al successo suo e di tutti coloro che si riempono la bocca parlando di turismo e cultura come settori strategici della Torino smart.
A noi sembrano invece le solite logiche che sacrificano i diritti dei lavoratori, in virtù di non si sa che cosa dato che in Reggia va tutto benissimo.
Per questo motivo invitiamo tutti ad esprimere la massima vicinanza ai lavoratori coinvolti e vi segnaliamo il PRESIDIO di oggi davanti alla prefettura di Torino alle ore 14,30.
SISTEMA TORINO sarà insieme a loro, e proseguirà nei prossimi giorni con approfondimenti ed aggiornamenti sulla questione.
La lotta è appena cominciata: solidarietà a tutti i lavoratori coinvolti.

venerdì 1 aprile 2016

Colapesce incatenato: il referendum visto dal mare

di Ciro D'Oriano, da 17/4
Il 17 aprile in tutti i Comuni di tutte le Regioni d'Italia, tutti i cittadini aventi diritto sono chiamati a votare per il Referendum contro le trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalle coste per l'estrazione di petrolio e metano. 
Votare SI comporterà l'eliminazione della norma che consente, alle compagnie attualmente titolari di concessioni,  di ottenere, alla loro scadenza, ulteriori proroghe. Votando NO  le concessioni potranno invece essere rinnovate fino al completo esaurimento dei giacimenti. 
Il referendum si propone come uno stop alle politiche energetiche nazionali basate sui combustibili fossili, inquinanti e in quanto tali dannosi per l'ambiente e la salute. Politiche ancora recentemente perseguite dal Governo italiano attraverso le norme del decreto Sblocca Italia, grazie alle quali sono stati avvantaggiati i produttori di petrolio e metano a discapito della qualità di vita dei cittadini italiani.
Ricordandovi che il referendum é uno strumento democratico per dare voce diretta alla volontà dei cittadini medesimi e che il patrimonio ambientale é tutelato dall'art. 9 della nostra Costituzione, divulghiamo l'appello dei pesci. Il 17 aprile andate a votare, votate SI, fatelo per voi e anche per il mare!