martedì 26 gennaio 2016

CERCASTI CASA MA TROVASTI LA LEGGE.....O LA REPRESSIONE?"

C’era un tempo in cui le persone manifestavano sotto i palazzi istituzionali per chiedere  diritti, per protestare o per porre l’attenzione su un determinato problema; da qualche anno a questa a parte le rimostranze si sono spostate davanti alle aule dei tribunali.


Martedì 26 gennaio a Torino si è svolto a Palazzo di Giustizia un presidio in solidarietà agli occupanti dello Spazio Popolare Neruda e agli attivisti per il diritto all'abitare colpiti da misure restrittive in seguito a una resistenza antisfratto, svoltosi questa estate. Giovedì 21 gennaio infatti sono stati notificati obblighi di firma e divieti di dimora, misure repressive che vanno a limitare le libertà personali e politiche.

Il diritto alla casa è ormai a Torino una vera e propria emergenza: nel 2014 sono stati 4632 gli sfratti, di cui 4530 per morosità. Siamo la seconda città italiana per numero di provvedimenti in rapporto agli abitanti. Ed è così che ad occuparsi del diritto all'abitare ci sono i cittadini che si autorganizzano con strumenti come  gli sportelli, pronti a raccogliere le esigenze delle fasce più deboli che non hanno una rete di protezione e di sostegno. Nascono le occupazioni degli stabili lasciati in disuso dalla pubblica amministrazione e così anche le resistenze agli sfratti.

Ed è ciò che è successo in Corso Ciriè, dove si trova l’ex Istituto Tecnico Industriale per  conciari “G. Baldracco”, da anni abbandonato al degrado e all'incuria dallo stesso Comune, all'interno del quale è stato ritrovato uno dei primi laboratori chimici-tecnologici di conceria sperimentale. L’edificio è stato occupato da alcuni mesi da più di cinquanta famiglie italiane e migranti, che stanno facendo rivivere un bene comune, utilizzandolo per un’esigenza collettiva.
L’amministrazione è rimasta ancora una volta a guardare l'autorganizzazione delle persone, non mettendo in piedi iniziative concrete ed incisive come ci si potrebbe aspettare da chi ha il ruolo di occuparsene.

Che fine ha fatto la politica, intesa come strumento e luogo per la risoluzione di problemi sociali ed economici?
La politica pare che abbia abdicato al suo compito fondamentale, ovvero occuparsi delle necessità delle persone. Tutto è incentrato solo sull'essere capitale di qualcosa, crogiulandosi spesso per articoli di testate straniere che promuovono il feudo sabaudo come città a vocazione turistica. Chi amministra si dimentica  delle periferie e del disagio di una parte sempre più crescente di popolazione.

In questo vuoto di responsabilità si inserisce la magistratura che viene investita, con una tacita delega, ad occuparsi della cosa pubblica, diventata nel frattempo problema. Ancora una volta assistiamo a questo passaggio di competenze, già visto in altre lotte come quella all'alta velocità.
Il potere giudiziario quindi colpisce e reprime chi osa fare resistenza e chi lotta per un diritto sacrosanto.
Questo meccanismo si è trasformato in  un vizio che rischia di diventare pericoloso. Pericoloso perché da ogni iniziativa di dissenso non nasce un dialogo con le istituzioni, ma il potere sordo e cieco, trasforma le giuste istanze in un problema di ordine pubblico, sminuendo l’importanza dei diritti, delle lotte e quindi delle persone.

Quando la politica tornerà ad occuparsi di Politica?


venerdì 22 gennaio 2016

Parco Michelotti: da ex-zoo a ex parco pubblico

Parco Michelotti - fonte Wikipedia
(fonte: Wikipedia)
Giovedì 21 gennaio nella VI Commissione del Consiglio Comunale di Torino ha avuto luogo l'audizione dei titolari del progetto ZOOM per un approfondimento relativo al bando per l'assegnazione del Parco Michelotti, da loro vinta (anche in quanto unici partecipanti) a fronte di un'offerta di 5.000 € al mese e della manutenzione e “riqualificazione” dell'intera area.

Forti di una previsione di 250-300 mila ingressi all'anno, gli imprenditori si candidano a gestire (in modo semi-privatistico) l'intera area del Parco Michelotti, pari a circa 60.000 metri quadri, di cui la metà ospiterà il parco vero e proprio, con accesso posizionato nel vertice verso la Gran Madre. La restante parte dell'area verrà risistemata per attività sportive, “panchine di street art” e sculture artistiche di animali provenienti dalla collezione di ZOOM.

Il “bio-parco” che vi sorgerà (o, per meglio dire, “zoo didattico” come lo definisce l'Amministratore Delegato della società) rappresenterà un nuovo e importante attrattore turistico, inserito in una prestigiosa rete europea, che nelle loro ottimistiche previsioni andrà a posizionarsi (per ingressi) subito dopo il Museo Egizio e il Museo del Cinema, e si impegna fin d'ora a portare lustro alla città, “nuova capitale cultural-turistica” d'Italia. Inoltre il progetto porrà finalmente rimedio alla incresciosa situazione di trentennale degrado, del quale la Circoscrizione si dice decisamente stufa e di cui non è chiara la responsabilità da parte dell'Amministrazione, assoluta titolare dello stato di manutenzione di un parco urbano a 300 metri da Piazza Vittorio, ex sede dello zoo chiuso a metà degli anni Ottanta e negli ultimi anni sede di numerose e variegate iniziative di varia natura, tipo i dinosauri di plastica.

Le opinioni dei Consiglieri, chiamati a esprimersi a fronte delle belle slide, sono state fra il favorevolissimo” e l'”entusiastico”, nonostante una perplessa introduzione alla Commissione da 
parte del Presidente Trombotto, non del tutto imparziale agli occhi (e soprattutto alle orecchie) del Consigliere Laterza, il quale ha sottolineato come i 50-80 posti di lavoro preannunciati dal progetto (le cosiddette “ricadute sociali su territorio”) saranno ben viste dai laureati e ricercatori del territorio stesso (lui ha già un cugino pronto a inviare il CV, ma secondo il Consigliere Viale è abbastanza ovvio, essendo Laterza “abbastanza meridionale”...SOB!).

Al di là dei dubbi dei “soliti animalisti” (dai quali l'Assessore Lavolta si è detto recentemente apostrofato come “assassino”), che lamentano l'idea obsoleta di sfruttare animali (nati e allevati in cattività) come attrazione turistica, e sostengono non sia il luogo ideale per una “fattoria urbana europea” (ma ci saranno anche quella “vietnamita” e quella “azteca”, oltre a una simulazione 
del Rio delle Amazzoni che “dialogherà col il Fiume Po”), praticamente tutti i membri della Commissione sono apparsi molto favorevoli ad un'iniziativa privata che finalmente valorizzerà e 
riqualificherà un parco oggettivamente abbandonato a se stesso e al degrado. Decisamente meglio che non la discoteca all'Ippopotamo o gli zingari in via Asti. Per averne conferma, basti dire che 
perfino Vittorio Bertola è apparso non particolarmente perplesso.

Numerosissime le domande rivolte ai rappresentanti di ZOOM (protrattesi fin oltre le ore 12:00), e numerose anche le richieste in merito alla sostenibilità economica (di quella ambientale non si è assolutamente parlato, anche perché i promotori dell'operazione ne citano gli “indiscutibili risvolti scientifici e naturalistici”, certificati a loro dire dal dialogo con Università e Politecnico e addirittura verificati da osservatori terzi), a fronte di un annunciato investimento di 15 milioni di euro per lo sfruttamento commerciale della durata di trent'anni.

Di cosa si tratta, quindi? Di un'iniziativa innovativa in ambito urbano (con citazioni di Parigi, Vienna e Rio delle Amazzoni...) o della messa a reddito di uno spazio pubblico, colpevolmente lasciato al degrado da chi se ne sarebbe dovuto occupare?

Infine, un dettaglio da tutti apparentemente considerato secondario: è una buona idea posizionare un “attrattore di traffico” da 300.000 presenze annue lungo Corso Casale, a pochi metri dalla Gran Madre, asse importantissimo per la viabilità urbana e già sottoposto a forte stress?

Non si tramuterà in una fonte di mala-sosta e pullman di scolaresche che fanno allegramente inversione a U? Occorrerà fare un tunnel anche lì, come per il Palazzo del Lavoro e del Lusso?

Potrebbe essere un ottimo motivo per “dover” fare la Tangenziale Est, in effetti. Però vuoi mettere, poter vedere la Serra delle Farfalle e la Foresta Amazzonica alluvionata, l'habitat (?) del maialino vietnamita e la Children City Farm?
AS YOU WANT

martedì 19 gennaio 2016

NOMINE NELLE PARTECIPATE: BANDI DI FINE STAGIONE

Il Comune di Torino ha pubblicato il 12 gennaio scorso sul suo sito internet l'avviso per la ricerca di candidati tra i quali selezionare i propri rappresentanti negli organi di enti, aziende o istituzioni di cui fa parte o è socio. I cittadini interessati a partecipare alla selezione possono  presentare la domanda entro il 26 prossimo. 
L'avviso elenca  una ventina di entità di cui al 31 dicembre è scaduto il consiglio di amministrazione, il direttivo oppure il collegio dei revisori dei conti, tra  le quali SAGAT, TRM, SMAT, IREN, AMIAT, la Fondazione per la Cultura, l'Urban Center Metropolitano, le fondazioni De Fornari e Burzio, le finanziarie Centrale del Latte e FSU S.r.L. - Finanziaria Sviluppo Utilities. E anche  la Compagnia di San Paolo, fondazione bancaria azionista di Intesa San Paolo.
Il rinnovo  degli organi sociali con l'ingresso dei nuovi rappresentanti del Comune avverrà entro il 30 aprile prossimo, termine ultimo dato dalla legge per lo svolgimento delle assemblee di approvazione dei bilanci consuntivi   e, appunto, elezione degli organi sociali scaduti. Organi la cui durata in carica è triennale, motivo per cui le nomine  avranno valore fino al 31 dicembre 2018 e verranno rinnovate nell'aprile seguente. 
La legge, come poi disciplinato da un apposito Regolamento  comunale,  attribuisce al Sindaco la titolarità della scelta  dei rappresentanti del Comune.
Sulla base delle domande arrivate, recita sempre il Regolamento, “Il Sindaco, eventualmente anche avvalendosi del supporto di esperti da lui interpellati, individua il candidato prescelto esplicitando (...) le ragioni di preferenza dello stesso rispetto agli altri partecipanti al procedimento in ragione dei seguenti criteri:  a. rappresentanza di genere; b. competenza ed attinenza del curriculum vitae rispetto al profilo della carica, anche in relazione all'età anagrafica ed all'anzianità professionale del candidato;  c.  indipendenza ed assenza di conflitti d'interesse.” 
La presentazione delle domande, accompagnata da curriculum, può essere fatta unicamente tramite Posta Elettronica Certificata, anche se il Regolamento prevederebbe la possibilità di utilizzare una funzione apposita sul sito internet comunale che però non è stata attivata. Per ottenere una PEC è necessario attivare un abbonamento a pagamento presso un fornitore di servizi  in rete.
Chi vuole saperne di più su come presentare la propria candidatura può iniziare dall'avviso pubblicato il 12 gennaio scorso. 
Nell'elenco delle entità partecipate oggetto del bando di ricerca candidature, in corrispondenza di ognuna sono anche indicate le domande già pervenute, come previsto sempre dal Regolamento. 
Le nomine, una volta diventate effettive con l'approvazione nelle assemblee sociali, saranno poi rese pubbliche tramite le schede a cui si accede dalla pagina del  sito del Comune di Torino contenente l'elenco di tutti i bandi  susseguitisi negli anni 
Confidiamo  che il mandato dell'attuale amministrazione comunale si concluda quindi con una selezione adatta a fornire ancora per gli anni a venire, qualunque sia l'esito delle prossime elezioni, una solida e duratura rappresentanza del Sistema Torino nelle maggiori società di gestione dei servizi pubblici locali e non solo, in modo da garantire sempre e comunque la stabilità e la solidità che hanno caratterizzato gli ultimi 25 anni di governo cittadino. Anche se, per la tempistica, quello che scade il 26 gennaio potrebbe sembrare un bando di fine stagione.

lunedì 11 gennaio 2016

Da Colonia a Porta Palazzo: le tribù etniche e la paura del diverso


Se la lettura del quotidiano è la preghiera laica del mattino, gli affezionati de “La Stampa” con il cappuccino della domenica si sono ritrovati ribaltati indietro di qualche secolo nel praticare il loro rito, con richiami osceni al tribalismo barbarico che invade l’Europa e la retorica del “noi contro loro” che riporta alla mente il fascismo vero novecentesco e quello strisciante nella società in crisi di oggi. 
I fatti di Colonia sono lì pronti per essere strumentalizzati, si è già detto tutto ed il contrario di tutto ma il punto di riferimento giornalistico di ogni torinese decide di fare un salto di qualità così ardito da meritare la citazione diretta da parte de “Il Giornale” di Alessandro Sallusti. 
Ma procediamo con ordine: sulla cronaca di Torino la giornalista Letizia Tortello decide di fare un reportage d’inchiesta dalla zona di Porta Palazzo e ci riporta uno specchio della realtà che lascia di stucco chi, uomo o donna che sia, è abituato a frequentare questo ed altri quartieri della città. L’incipit rende subito l’idea di dove si andrà a parare: “Diciamo così, qui non ci siamo più abituate”. Qui dove? Noi chi? Eppure sono le stesse strade che la mia compagna, le mie amiche, finanche mia sorella con la mia nipotina sono arrivate a frequentare ogni sabato tra il mercato della frutta e verdura e quello dell’usato del Balòn: raramente le ho sentite raccontare la lunga serie di molestie verbali che vengono collezionate in questo articolo. 

Molestie che arrivano da “ragazzo sulla quarantina di origine marocchine” (SIGH!), perché dai, si sa, se sei negro resti comunque un ragazzo e arrivi dal Marocco anche se sei nato a Tunisi o vicino Algeri; come se non bastasse, si passa poi alla differenziazione etnica dei comportamenti con i cinesi che si fanno i fatti loro e gli africani che fanno affari con armi droga e donne insieme a “qualche italiano” (ci siamo anche noi ma siamo di meno, siamo più bravi), ed i marocchini che continuano a fare categoria a parte (Il Marocco non fa parte dell’Africa secondo la stereotipizzazione comportamentale etnica). La chiosa riguardo l’abbigliamento con tacco otto rossetto e cappotto per fare la spesa al Balòn è un capolavoro che permette al principale giornale sabaudo di esplicitare il diritto di ogni cittadina ad avere paura, terrore, a pensare che alla fine con quelli lì in giro sia meglio chiudersi in casa e fare acquisti solo nei centri commerciali. Chiariamoci da subito: una donna deve (DEVE, lo voglio urlare) essere libera di andare in giro vestita come vuole, dove vuole, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non c’è molto da aggiungere, è tutto così semplice e disarmante. Le molestie ammiccanti sono un reato, sono la dimostrazione palese dell’arretratezza culturale del maschio, del maschio in quanto tale, mica solo del marocchino di Porta Palazzo. E qui sta la fallacia del combinato Tortello/Molinari di ieri: vi confesso che rileggendo le molestie citate ho pensato ad alcuni commenti sulla barista uditi al bancone del locale il sabato sera e tocca ammettere che la distanza non è così siderale da permetterci di dare lezione di civiltà e di parità di genere a nessuno.
Qui però l’obiettivo sembra un altro, e per questo entra in ballo la ventata di novità portata dal nuovo Direttore: l’editoriale domenicale esorta a salvare l’Europa dal ritorno alla barbarie causato dall'arrivo di migranti e richiedenti asilo. Illuminante questo passaggio: “Fra chi arriva vi sono portatori di usi e costumi che si originano dalle lotte ataviche per pozzi d’acqua, donne e bestiame. Le conseguenze sono nelle cronache di questi giorni: dagli abusi di massa a Colonia al grido di «Allah hu-Akbar» per intimorire il prossimo a Brescia e Vignola”. A questo punto il gioco di sponda tra editoriale e cronaca locale è evidente a tutti: il parallelismo tra Porta Palazzo e fatti di Colonia è fin troppo chiaro. Le zone popolate da immigrati di lingua araba sono un pericolo, è un conflitto tra la civiltà (la nostra) ed il loro tribalismo atavico che, diamine, neanche con un sano colonialismo siamo riusciti ad estirpare. Chissà quanto avrà goduto il “giornalista” de “Il Giornale” nel richiamare stralci del pezzo de “La Stampa” mettendo in neretto le parole “ragazza torinese” (LE NOSTRE DONNE!), “nigeriani” e “Yassin da Marrakech”. Un bel cortocircuito che eleva la percezione del pericolo a scienza esatta, che porta la paura direttamente nelle case degli italiani, in un periodo in cui (come si può vedere dal grafico) i cittadini temono maggiormente ciò che ha minor probabilità di incidenza sulle loro vite: siamo ormai sicuri di incontrare la morte per colpa di un attacco terroristico o di un incidente aereo, mentre le cause di morte più diffuse sono ben altre, e non sono per nulla correlate all “invasione dello straniero” o al supposto scontro di civiltà.
Mai come oggi i mezzi di comunicazione hanno una responsabilità importante nel “tenere a bada” ansie e paure che non hanno ragion d’essere, o perlomeno non meritano di essere amplificate oltremodo. I ”cani da guardia del potere” dovrebbero diffondere la conoscenza della realtà e non prestare il fianco a retoriche populiste e xenofobe che rischiano di essere dei pericolosi detonatori sociali.