lunedì 23 febbraio 2015

CAVALLERIZZA, DALLE STALLE ALL'OSTELLO/5: intervista a Marco Grimaldi, Consigliere Regionale SEL

DALLE STALLE ALL’OSTELLO: "Non c’è buon vento per il marinaio che non sa dove andare”

Ci eravamo lasciati a luglio con l’assemblea pubblica in Cavallerizza, durante la quale il tuo intervento faceva presagire una proposta nel futuro prossimo molto simile a quella uscita ora. Come e quando è realmente nato il progetto attualmente sul tavolo?
Non si può parlare di vero e proprio progetto sul tavolo, ma piuttosto di un “metodo” simile a quello proposto la scorsa estate quando ipotizzavo soluzioni diverse. Il mio primo obiettivo era prendere
tempo per evitare la dismissione o un semplice progetto di vendita. Già allora dicevo che la cosa migliore fosse andare alla ricerca di finanziamenti pubblici (allora proponevo la Cassa Depositi e Prestiti): il mio contributo è stato quello di “indicare” l'utilizzo dei Fondi Strutturali Europei, fondamentali, credo, nel convincere l’Assessore Passoni a passare dalla dismissione ad un progetto che prevede il diritto di superficie come principio per mantenere l’area pubblica (i fondi UE non sono ovviamente utilizzabili quando vi è un progetto di sola vendita a un privato). Per questo dico che si potrebbero sperimentare nuove forme: il CLT (Community Land Trust, ndr) è una novità tutta da scoprire in Italia, perché permetterebbe di mantenere pubblica la Cavallerizza con una sorta di cessione di diritto di superficie proporzionato ai beneficiari privati che vi compartecipano.

Quindi i Fondi Strutturali Europei risolvono la questione di colpo?
Non direi. Rimane il rischio che l'operazione non vada in porto e che l’immobile venga semplicemente ceduto a terzi. Dall'altra non si può pensare che la ristrutturazione venga fatta solo con mezzi pubblici. La questione non sono i 10 milioni per comprarlo ma i 20-30 che immagino servano per ristrutturarlo. I Fondi UE hanno ribaltato il paradigma della dismissione, e per questo penso sia una vittoria politica: abbiamo impedito lo sgombero grazie all'occupazione del tempo e a una Sovrintendenza Civile che ha accompagnato l’occupazione del bene pubblico. E a proposito delle idee in campo, l‘ostello è solo una delle possibilità, forse la strada più facile per giungere all’utilizzo dei fondi; aiuterebbe inoltre a sopperire ad altre mancanze della città, cioè quella relativa all’assenza di strutture di accoglienza del turismo low cost.

Citando dal tuo sito: “Non ho tabù sul coinvolgimento dei privati. Dico, al contrario, che con l’aiuto dei Fondi Strutturali Europei si potrebbe scongiurare per sempre la creazione dell’ennesima residenza di lusso.” L’aspetto culturale avrà la primazia su quello commercial-affaristico? Non c’è il rischio che l’ostello diventi albergo, e “ristorante di livello” ed attività commerciali diventino il fulcro del complesso? Quali rassicurazioni concrete abbiamo come cittadini riguardo l’inesistenza di un fine speculativo, attuale o futuro?
L’attuale discussione ha esattamente evitato questo: a luglio l’hotel di charme era un’idea reale, concretamente proposta da alcuni operatori privati. Oggi invece sarebbero proprio i vincoli imposti dai fondi UE relativi al loro utilizzo ad impedirlo. In più diamo ormai per acquisita l'ipotesi di utilizzo del piano terra per finalità culturali. Lo scorso anno era tutto così sicuro?
Oltre a questi presupposti bisognerà aggiungere altri vincoli: cambiamo il paradigma dell’urbanistica, non cambiamo la scheda d’ambito oggi, ma aspettiamo il percorso di partecipazione facendolo seguire dal piano particolareggiato, sul quale il Consiglio Comunale interverrà dettagliando la destinazione d'uso alla fine del processo. La situazione è cambiata, per questo sul protocollo d'intesa non capisco le polemiche. L'Assessore fa un'intervista ai giornali e parla di soggetti istituzionali che possono dare dignità al progetto futuro. Che male c'è?

Dignità e anche soldi.
Io non avrei messo le fondazioni bancarie in questa fase, ma in realtà, non so se saranno dentro il protocollo.

Cosa significa dare dignità al progetto?
Significa creare la sovrintendenza architettonica, culturale e istituzionale, cioè dire cosa si può e non si può fare, dire quale l'oggetto comune, il perimetro. Avevamo un immobile ad uso privatistico di chi ci abitava e del demanio, che non era stato in grado di fare un protocollo con la città. Nel 2008 la Città fece da passacarte invece di “progettare l'attesa”: avrebbero potuto metterlo in sicurezza in attesa di tempi migliori per prepararci all’oggi.
Se poi oggi dare dignità significa anche saper distinguere tra destinazione d'uso e proprietà del bene, andando oltre il concetto chiuso di chi fa le cose e le gestisce, ben venga. Io non ho paura che l’ostello sia gestito da un soggetto privato, anche se certo preferirei formule nuove come il CLT (Community Land Trust).

Domanda che ti giro direttamente dal comunicato stampa di Assemblea Cavallerizza 14:45: "Come si può aprire un percorso partecipato se è già chiaro qual è il progetto, chi partecipa e a chi vanno i soldi? "
Non capisco di quale progetto si parli. Penserete mica che un'idea di insieme corrisponda ad un progetto e che i sottoscrittori comprino la Cavallerizza? Io ho provato a chiedere tempo fa alla “Accademia di belle arti” ed altri di prendersi carico degli spazi liberi per utilizzarli come laboratorio e/o esposizione. Stessa cosa ho fatto con Ateneo e Teatro Stabile ma invano: per questo ritengo ridicolo pensare che col protocollo d’intesa i soggetti decidano di acquistare un bene che hanno già rifiutato. Non c’è un disegno dietro in cui si sappia già chi vincerà i bandi, nessuno sa chi gestirà questo ostello o quali caratteristiche avrà. Il secondo tavolo potrà decidere cosa fare ma rispettando i vincoli e le leggi comunali: non può essere un protocollo d'intesa a decidere cosa fare.

Possiamo dire con tranquillità d'animo che è tutto in via di definizione?
Io credo e spero di si, e poi non è così vero che la città non è capace a progettare in un modo diverso. Per esempio sono parecchi i progetti nati in questa città: vedi le case del quartiere, alcuni centri di protagonismo giovanile o i bagni pubblici. Molti di questi fatti con la collaborazione della cittadinanza. Certo cittadinanza non vuol dire solo Assemblea Cavallerizza. Per esempio la necessità di luoghi di turismo low cost, anche se non fosse condivisa dall'Assemblea, è ugualmente un’esigenza della comunità più volte emersa in questi anni. Così come mi pare evidente che gli attori pubblici potranno proporre idee nell'interesse di tutti.

Sul processo di partecipazione abbiamo garanzie che non sia un semplice confronto che non porta a nulla?
Ognuno di noi deve occupare lo spazio pubblico e politico necessario per giungere all’obiettivo finale. La cosa bella è che si è aperta una porta, dalla quale sono entrati in tanti, e ora tutti dobbiamo stare li a presidiare: bisogna rimanere lì perché per la prima volta la città gestisce dei progetti sapendo che non è scontato l'esito finale.
In relazione alla partecipazione futura, io spero ci sia un luogo permeabile destinato al teatro, con una gestione promiscua e realmente aperto a tutti. Se vuoi fare per esempio improvvisazione teatrale, ci deve essere la possibilità' di essere inserito nel palinsesto e partecipare alla costruzione di un progetto culturale condiviso, che coinvolga il maggior numero di persone possibile. Sarebbe però sbagliato non coinvolgere si da subito chi si candida a gestire alcuni spazi: bisogna confrontarsi coi reali protagonisti successivi e col dilemma dei costi. La buona idea deve fare i conti con le fattibilità e gli interessi dei soggetti che vogliano prendersi cura degli spazi. Per questo i contributi dovranno arrivare anche dal privato, è inevitabile.

Da un lato si ringrazia indirettamente l’Assemblea Cavallerizza per aver acceso le luci sul complesso patrimonio dell’UNESCO, dall’altra si trasmette il messaggio che degli occupanti non possano essere attore interlocutore ufficiale delle istituzioni pubbliche (vedi dichiarazione di Cassiani). Si sta tentando di stritolarli nel mezzo? Quale è il ruolo reale previsto per loro?
L’Assemblea ha organizzato dei laboratori e il Forum delle idee per febbraio: portino queste esperienze ed idee ai tavoli e vedrai che, se ci sono progetti sostenibili, potranno anche risultare vincenti. Io conosco le istituzioni pubbliche da parecchio, e ho più paura che le idee presenti siano approssimative piuttosto che della presenza di progetti occulti.

Più che di progetti occulti, il timore è che Teatro Stabile, Fondazione TorinoDanza eccetera prendano il sopravvento e lo spazio per i piccoli progetti culturali e teatrali non ci sarà.
Spero di no, perché conosco tanti della “terra di mezzo” che stanno a guardare con interesse per capire cosa emergerà. Non sappiamo chi porterà in fondo le idee, vedremo. Il mio invito ad Assemblea Cavallerizza è di non dare per scontato niente: non è detto che il processo andrà a buon fine ma sarà merito anche loro se finirà migliore di come è nato. Si prendano la responsabilità della mezza vittoria, sta a tutti noi raggiungere l'altra mezza, a tutti coloro che si sono interessati ed hanno partecipato alla vicenda.

L’assemblea indicò due principi imprescindibili: mantenimento dell’unitarietà dello spazio e prevalenza pubblica della struttura. Principi in parte disattesi: non credi che si stia propendendo per “il meno peggio possibile”? Credi davvero che una politica al ribasso possa pagare ed essere soddisfacente per i nostri coetanei?
Il protocollo d’intesa scioglie subito questi dubbi: vuole una unitarietà di destinazione dello spazio, con il mantenimento dell'indirizzo pubblico. Io non parlerei di politica al ribasso, anzi. Confrontando l’attuale rispetto ad un anno fa, oserei dire che abbiamo vinto perché c’è un progetto totalmente pubblico per il piano terra, e c’è un contesto generale che mette al centro l’attività culturale e giovanile. In questo anno ho lavorato per trovare i soldi in Regione per le borse di studio universitarie e ci sono riuscito. Abbiamo trovato le risorse per riaprire la residenza in Via Verdi dell'Edisu. Chissà che non si riesca a fare di più e a trovare le risorse per raddoppiare la residenza. Per me comunque questa è già una mezza vittoria, ma solo nel senso che ce ne potrebbe essere un’altra mezza, che arriva se non diamo per scontato l'esito finale.
Le cose spesso non avvengono solo perché non ce ne occupiamo abbastanza: meno attenzione nei processi e meno partecipazione e più le cose vanno a finire male. Io mi sono impegnato affinché qualcosa di positivo potesse accadere, a creare un metodo e non già un progetto finale.

Però si sta cedendo ad alcuni dogmi e si sta scendendo ad un compromesso secondo parte della cittadinanza di sinistra.
Io credo ad una sinistra che non confonde la destinazione d’uso ed il modo di gestire i luoghi con chi poi ne è promotore. Per intenderci, la gran parte dei luoghi più belli della città sono gestiti da associazioni e soggetti del privato sociale che non sono il pubblico, ma privati cittadini che non hanno privatizzato ma anzi aperto luoghi pubblici. Estremizzando il discorso si potrebbe arrivare a citare gli stessi centri sociali. Se non sarà un ostello pubblico che problema c’è? Se noi avessimo 30 milioni di euro a disposizione per l'ERP (Edilizia Residenziale Ppubblica) e l'emergenza abitativa o per l'Edisu, dovremmo davvero investirli tutti nella Cavallerizza? Cerchiamo di non essere ideologici al contrario, perché senza fondi europei la partita non si sarebbe neanche riaperta. Qual è il problema se i privati compartecipano come gestione e come contributo economico? Il concetto di diritto di superficie mi piace più della dismissione, la CLT ancora di più.
E poi una sovrintendenza civile deve rimanere anche dopo, al fine di vigilare costantemente sul processo e sul progetto. E' la cura dei processi democratici che può fare la differenza. Io non ho tabù sulla partecipazione dei privati, ma iniziamo a ragionare su modi diversi di coinvolgerli. Altrettanto importante è svincolare la cultura dalla necessità di essere etero-diretta dal pubblico e dall'Assessore che vuole farsi il selfie con il regista o cantante di turno. Alla fine i migliori concerti li hai visti a Spazio 211 o El Paso, davvero ora è la sinistra che deve venire a dire che la cultura buona è solo quella fatta dal pubblico?
Il pubblico deve dare indirizzi e far politiche e se è possibile aiutare, non i progetti main stream che si auto-sostengono come i concerti del Pala Alpitour, ma ad esempio finanziare i progetti culturali indipendenti come “Sotto il cielo di Fred”, Spaziale, Reset, Precarissima o "Alpette Rock". La cosa davvero importante è il fine con cui vengono utilizzati i luoghi, anche quelli pubblici.

Se chiudo gli occhi e penso alla futura Cavallerizza visualizzo questo: ristorante bio targato Eataly, negozietti semi-artigianali con souvenir e prodotti Kilometro zero, mega ostello internazionale stellato (di quelli che il sottoscritto evita accuratamente nei propri viaggi zaino in spalla) e “recinto culturale” in cui di fianco ai soliti nomi verrà concesso uno spazietto di rappresentanza per le piccole associazioni. Quanto sono distante secondo te? Se tu facessi lo stesso gioco, cosa vedresti?
Non lo so quanto sarà bello e internazionale l'ostello, o quanto sarà giovane o eco-sostenibile il luogo. Mi piacerebbe vedere un luogo promiscuo che sappia essere contaminato. La cultura ha salvato tanti luoghi della città non chiudendosi nel recinto entro il quale l’avevano spinta. Vorrei un luogo più libero dalle etichette delle quali abbiamo parlato fin adesso. La tua fotografia mi sembra quello che già succede ed è sempre successo. Finanziare Eataly non ha senso, si finanzia da solo, idem il mega hotel. Se utilizziamo fondi pubblici per fare quello che i privati fanno comodamente da soli allora non ci sarà bisogno di fondi strutturali. Il tuo disegno mi sembra più vicino ad un anno fa, con la città che mette vincoli ed il privato che mette soldi. Siamo un passo avanti ora: il fatto di aver aperto la porta non mi fa dire che ho un disegno preciso del futuro in testa. Le persone che ora dovrebbero avere più entusiasmo e slancio civico sono quelle che hanno più paura? “Non c’è buon vento per il marinaio che non sa dove andare”. A me piace l'idea di una residenza studentesca, immersa in un luogo che è anche un ostello della gioventù e una residenza per giovani artisti, poi se ci sono anche botteghe di giovani designer con prodotti hand made ben venga, come una libreria un po’ particolare, un laboratorio di restauro... ma chissà cosa ci sarà.
Semplicemente voglio una cosa nuova che mi stupisca: sforziamoci nel vedere nella Cavallerizza un qualcosa che non c’è, e ripeto, un grande ostello della gioventù in questa città non c’è ancora. Un plauso a Open 011 o alla piccola e bellissima Tomato, progetti già affermati ma che hanno complessivamente poche stanze. Avere un ostello da 2-300 ospiti fa aprire un pezzo di economia alla città, una città che ha saputo innovare grazie al sangue misto. Servono idee e pensieri nuovi. Sennò non abbiamo più niente da dirci o ci diciamo sempre le stesse cose. Torino sta tornando ad essere città provinciale, dopo esser stata negli scorsi anni una delle città più europee d' Italia che guardava a Barcellona, a Nord Europa, Bilbao, Manchester. Apriamoci alle nuove idee, come quella dei Community Land Trust e costruiamo insieme in Cavallerizza qualcosa che la città non ha ancora visto.

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