domenica 7 dicembre 2014

Articolo su partecipate comunali, starete peggio che dopo aver visto Report

Premessa, la base.
Il lavoro non è un ammortizzatore sociale o lo può essere solo in casi eccezionali.
Gli ammortizzatori sociali sono un diritto per tutti coloro che ne abbisognano.
Gli ammortizzatori sociali vengono finanziati con la redistribuzione della ricchezza generata dalla tassazione progressiva.
Poi.
A noi piacerebbe vedere la faccia della Merkel davanti al dossier "Privatizzazioni del Comune di Torino". Probabilmente vedremmo il volto contrarsi e le labbra pronuncerebbero l'ordine di mobilitazione generale per la Wermacht.
Agli occhi della Merkel il Sistema Torino-Italia deve apparire stravagante, folle e paranoico.
Il nostro modus operandi ha il tratto tipico della furbata all'italiana, del compito scopiazzato sul pullman prima di entrare in classe, della cacca del cane non raccolta per strada tanto nessuno mi vede.
Esistono le partecipate.
Furono create per rendere i servizi fruibili a tutti a prezzo popolare etc etc. Sono conquiste della civiltà vecchie di cento anni e più.
Succede che nel tempo si trasformano da erogatore di servizi pubblici ad ammortizzatore sociale. Il mondo cambia, il capitalismo trionfa, il settore pubblico licenzia organico che viene inquadrato dentro le partecipate oltre ogni limite di sopportazione. 
Lo Stato diventa un ammortizzatore sociale, una cassa di compensazione in cambio della liberalizzazione selvaggia del mondo del lavoro.
Questo con una visione costruens.
Oppure, nella visione destruens, lo Stato diventa una oligarchia parassitaria che munge il popolo per sostenersi e riprodursi su se stesso.
Sistema Torino è costruens di natura e quindi noi optiamo per la prima ipotesi, anche se la seconda è terribilmente veritiera.
E' una storia complessa, in cui si mescolano la sciagurata privatizzazione del settore bancario, il divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia, il ruolo dei sindacati che passa da conflittuale a concertativo.
Le partecipate diventano nel tempo ammortizzatore sociale, tesserificio di partito/sindacati e banche di voti.
Operano in monopolio, senza aggancio con il mondo dell'economia reale.
Sono gli anni in cui si teorizza e pratica l'ideologia/prassi del debito infinito che finanzia un settore pubblico che ahinoi, non si accorge di aver privatizzato il credito e moneta tra il 1981 e il 1991.
Quella del debito infinito è un'altra classica furbata all'italiana, basata sull'assunto che il potere della politica controlla la banche attraverso le fondazioni bancarie.
Il profilo economico di tutto ciò che appartiene allo Stato, partecipate in primis, diventa folle, staccato dalla realtà, parallelo. 
A tutto questo si aggiunge una gestione data in mano ad amici degli amici trombati a qualche elezione, oppure a nemici da comprare con denaro contante. Nei consigli di amministrazione delle partecipate vengono messi quasi sempre uomini e donne dalla comprovata mediocrità e dalla specchiata fedeltà padronale.
Non ha alcuna importanza avere una formazione nel campo dove vieni piazzato dal Sistema, anzi se non ce l'hai, ancora meglio. Sarai sempre grato e fedele al tuo padrone per la regalia ricevuta.
Non ci capisci nulla di trasporti? Vieni messo nella società dei trasporti perché sei amico del sindaco.
Non ci capisci nulla di teatro? Vieni messo nella partecipata che si occupa di teatro perché sei amico dell'assessore.
In questo contesto la qualità del servizio non può che avvitarsi in un gorgo.
La situazione diventa tragica con il passar del tempo: le partecipate ingollano parassiti, personale vario, spendono una quantità abnorme di soldi in sponsorizzazioni di eventi culturali delle istituzioni.
A creare il buco sono probabilmente più i mega dirigenti con le loro mega consulenze/stipendi che il personale normale. 
Tutto questo viene fatto ingurgitando soldi pubblici.  E defecano debiti, una vera montagna.
I debiti finiscono così su chi controlla le partecipate, gli azionisti, cioè Comuni e Regioni.
Il Comune di Torino ha circa 3 miliardi di euro di debiti (il debito è buono, dicono coloro che lo hanno fatto: Chiamparino, Castellani, Passoni, Peveraro) e in  più si deve sobbarcare quello delle sue aziende, altri 2,4 minimo. Totale 5,5 miliardi di euro.
Ma i soldi non ci sono e altri mutui non si possono aprire. Come si fa?
Privatizziamo, "facciamo entrare i privati nella governansc!". E poi ce lo chiede l'Europa, ce lo chiede la Merkel.
Ed ecco l'ennesima furbata all'italiana,  un colpo di genio.
Le partecipate sono nell'ordine: piene di debiti da scoppiare, rimpinzate di personale, debordanti di amministratori spesso incapaci e piazzati e strapagati. Chi le vuole? Nessuno.
Ma qui subentra il genio italico. La privatizzazione si fa, ma per vendere a un'altra partecipata.
Che a sua volta è: piena di debiti da scoppiare, rimpinzata di personale, debordante di amministratori spesso incapaci e piazzati e strapagati.
L'Italia è l'unico paese dell'Universo che è riuscita a trasformare le privatizzazioni in partitizzazioni.
Perché i pacchetti azionari delle partecipate, che sono sempre SpA, detenuti dagli enti pubblici, vengono venduti appunto ad altre partecipate più grandi, i cui pacchetti azionari sono sempre in mano agli stessi enti pubblici, in mano sempre ai partiti. 
Il gioco dell'oca, il nascondino delle privatizzazioni.
Debiti, personale e carrozzone vario passano da una pancia all'altra con soluzione di continuità.
Gli esempi sono infiniti, basti pensare alle società che il Comune di Torino ha venduto a Iren (partecipata dallo stesso comune verso cui, per giunta, ha un debito enorme), Amiat (rifiuti) e TRM (inceneritore), ingenerando in quest'ultimo caso un conflitto di interessi gigantesco perché la stessa società dovrà decidere quanto riciclare e quanto incenerire, ben consapevole che il secondo caso è molto più remunerativo.
Tutto questo non ha nulla a che fare con il socialismo, non è un mezzo estremo per evitare la barbarie del capitalismo selvaggio.
Le partitizzazioni sono forme estreme di controllo clientelare del territorio da parte di un ristretto gruppo di potere. E la leva con cui le nuove oligarchie controllano il consenso.
Sono privatizzazioni di partito, e qui si dovrebbe trovare un altro termine perché i partiti sono organismi con un passato nobile, che scaricano debiti, personale debordande e dirigenti incapaci/strapagati, sul cittadino, che viene chiamato a porre rimedio a questo disastro aprendo il portafoglio.
L'incapacità di gestire le partecipate con criteri centrati sul risparmio e non sullo sperpero è una responsabilità gravissima perché, come sempre accade, prima o poi questo trucchetto da osteria crollerà e allora arriveranno i capitalisti veri, magari dalla Cina, come peraltro sta già accadendo per il Monte dei Paschi di Siena.
Dovere di ogni amministrazione pubblica dovrebbe essere la gestione economicamente sostenibile del suo patrimonio, tale da rendere il servizio decoroso, fruibile, pubblico e non oggetto di tassazione selvaggia. E soprattutto non esposto al rischio di vere privatizzazioni.
E' per questa ragione, e per mille altre, che in Europa ci considerano inaffidabili e malati di furbizia.
Non pensiamo che i burocrati UE nord europei, figli di un cultura protestante e con tratti vagamente ossessivi, possano sorridere compiaciuti di queste furbate da operetta.


giovedì 11 dicembre, ore 21,30
Cavallerizza Occupata, via Verdi 9 Torino



"Vendere, privatizzare, cartolarizzare. Noi trasformiamo in opportunità i problemi. Ma voi, ci credete?"
La svendita ai privati dei beni comuni sembra inarrestabile e anzi, viene palesemente nobilitata. Sistema Torino e Assemblea Cavallerizza 14:45 propongono un incontro-inchiesta in cui l'analisi della dura realtà delle privatizzazioni si mescola con la propaganda di chi la cr
ea. Prevarranno la retorica e la programmazione neuro-linguistica o la realtà?

1 commento:

  1. Più che un sistema per piazzare personale debordante dal pubblico, è proprio un sistema per sistemare amici, parenti, clienti delle diverse parti politiche, che vengono tutte rappresentate nelle partecipate.
    Un modo per far sì che una serie di persone del tutto inutili, impreparate e spesso boriose vengano inserite in un sistema che di pubblico ha i soldi che la mantengono, ma tutta questa gentaglia vi entra solo per cooptazione.
    In tal modo nel bilancio pubblico dell'ente, che è costretto ad ospitarlo suo malgrado, si creano di anno in anno voragini sempre più ampie e nonostante i tentativi di arginare il fenomeno e approfittare di norme che consentono la riorganizzazione delle partecipate (magari accorpando e riducendo personale per poter incidere sempre meno ... utopia questa), la risposta del politico di turno (che è senza arte nè parte quasi sempre), che fa parte del cda dell'ente e soprattutto nel cda delle partecipate, da cui puppa soldi, ti sbatte in faccia che sono persone, che non puoi assolutamente metterle sulla strada.
    Chi se ne frega se quel posto glielo hanno regalato, chi se ne frega se a parità di ruoli con i veri dipendenti pubblici (su cui bisognerebbe aprire un'altra discussione) prendano stipendi molto più alti e ovviamente non accettino di ridurli in vista della riorganizzazione (preferiscono che vengano cacciati i più sfigati, quelli con meno agganci), chi se ne frega se il loro costo esorbitante vada a discapito del servizio finale che inizia a costare sempre di più e a fronte del quale il servizio diviene sempre più scadente.
    In realtà è un sistema che andrebbe smantellato dalla testa ai piedi, ma è chiaro che il politicante di turno è proprio in queste partecipate che ha il suo punto di forza e il suo guadagno.
    Non è di certo l'interesse del cittadino il loro obiettivo, nè soprattutto "gestire le partecipate con criteri centrati sul risparmio e non sullo sperpero". Il risparmio lo fanno sui capitoli dell'ente pubblico, dove costringono a tagliare i servizi, e alla fine si butta la colpa sulla "casa madre".

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