mercoledì 6 agosto 2014

Più belle e importanti le scuole paritarie del Piemonte?

A fine maggio dell'anno scorso Bologna fu al centro dell'attenzione perchè la cittadinanza era stata chiamata a scegliere, tramite un referendum, tra A e B, cioè se appoggiare chi sosteneva che il finanziamento alle scuole paritarie si dovesse sospendere (perchè contro l'articolo 33 della Costituzione) oppure chi invece affermava il contrario. All'epoca vinse sorprendentemente l'ipotesi A. La questione di fondo, escludendo il riferimento all'articolo 33 della Costituzione citato, era espressamente economica e si collegava direttamente alla politica pubblica, la quale se da un lato lamentava deficit di bilancio e tagliava anche sui servizi essenziali, dall'altro continuava a finanziare le scuole paritarie.
Su questo argomento, ogni volta che prepotentemente esce alla ribalta,  l'opinione pubblica (ma non solo) si divide e, incredibilmente, anche i più assopiti diventano partecipi e i più moderati si scoprono estremisti.
Personalmente pensavo che l'aspetto economico nella questione Stato - scuole paritarie fosse una delle maggiori incongruenze, dato che siamo in un paese in cui si riducono continuamente i fondi pubblici per l'istruzione e per la manutenzione degli edifici scolastici. Ma mi sbagliavo.
In questi giorni, in Piemonte e più precisamente a Bibiana, è venuta a galla un'altra bolla che mette in luce il rapporto perverso tra scuola pubblica e scuola paritaria.
Infatti, in questo comune esiste una scuola paritaria,  ma l'Amministrazione pubblica vorrebbe ospitare, in un proprio edificio, una nuova scuola statale, visto l'aumento della popolazione e delle richieste di iscrizione. Ma per fare ciò deve chiedere il parere, vincolante, della scuola paritaria già presente sul territorio. Questo in virtù di una legge regionale piemontese fatta approvare dalla precedente giunta.
Uscito il caso sui giornali, si è poi scoperto che in Piemonte ci sono molte altre situazioni come questa, tanto che la settimana scorsa la Regione ha dovuto convocare i rappresentanti delle FISM - Federazione Italiana Scuole Materne (organismo riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana) e gli amministratori dei comuni interessati per cercare di capire come sbrogliare questa matassa e permettere a tutti i bambini di avere un posto a scuola: perché poi di questo si tratta.
Le soluzioni proposte sono oggi delle pezze. A fronte di chi chiede l'abrogazione della legge (sindacato USB e Movimento 5 Stelle), il Consiglio Regionale ha promesso che ne provvederà alla modifica nel mese di settembre.
Restando su un piano leggermente più alto, senza entrare quindi nei tecnicismi delle regolamentazioni a vari livelli, vorrei  soffermarmi sul fatto che dal dibattito circa il finanziamento alle scuole paritarie si sia passati a discutere se le scuole paritarie medesime possono o non possono opporre il veto all'apertura di una scuola pubblica.
Trovo questo dilemma paradossale. Un ente pubblico, in questo caso la Regione Piemonte, tramite una legge permette a un privato di bloccare una azione pubblica, dovuta indirettamente in applicazione della Costituzione stessa anche se le scuole materne, come gli asili nido, non sono a oggi un obbligo (e forse lo dovrebbero diventare) ma "solo" un diritto (si veda la legge del 28 marzo del 2003 numero 53, ad esempio):  in questo modo il privato medesimo diventa, in pratica, su un territorio, il detentore del monopolio nella scuola dell'infanzia 3-6 anni.
Ora, per come la pensa il sottoscritto, facile sarebbe obiettare la non laicità delle scuole materne paritarie, visto che il 99% sono cattoliche, qualcuna ebraica e forse qualcuna di altra estrazione confessionale. Oppure il fatto che proprio paritarie non sono dato che, ad esempio, la retta non è proporzionata al calcolo del ISEE ma consiste in una quota uguale per tutti e che i rapporti numerici insegnanti/bambini sono inferiori rispetto a quelli presenti nelle scuole pubbliche. Ma lasciamo perdere.
A prescindere da queste valutazioni, mi chiedo perchè un'amministrazione pubblica possa arrivare ad approvare una simile legge e in favore di chi vada la sua applicazione. Escludendo che sia in favore, sicuramente, dei  primi interessati, ovvero dei bambini, poche altre risposte rimangono e purtroppo ognuna di esse non può che provocarmi tristezza.
Interessa all'amministrazione pubblica avere le scuole paritarie: a loro delega l'istruzione, la quale dovrebbe essere laica, visto che non riesce a soddisfare direttamente le richieste delle famiglie perché troppo costerebbe farlo. Così lo Stato è disposto a finanziare pubblicamente queste attività, dopo che consente loro anche di non pagare l'IMU, affinché si raggiunga sul territorio una copertura quanto più vicina possibile al 100% del fabbisogno, anche se poi la medesima non è uguale per tutti nel tipo di servizio fornito.
Interessa, questo tipo di legge, ovviamente, a chi gestisce le scuole paritarie: oltre a consentire il proselitismo religioso, alimenta un circuito economico non indifferente. E la cosa più triste è che alla fine interessa a entrambi i soggetti,  per motivi differenti ma che sembrano poi coincidere nel momento in cui si chiama la cittadinanza al voto.
Il potere (basti pensare a Comunione e Liberazione) che le congregazioni hanno raggiunto sul territorio assolvendo a compiti che  il servizio pubblico non sarebbe in grado di sostenere è tale, che in quel momento gli interessi confluiscono e si sanciscono poi in patti per la gestione delle future politiche in materia.
Come nel più classico dei conflitti poi, quando il problema sale agli onori della ribalta, mentre agli alti livelli tutto tace (e anzi, per le ragioni dette prima ci si accorda), tre la persone comuni nella discussione ci si accalora, divide e anche insulta. Le crociate tornano a essere non più solo un ricordo: e chi magari da sempre partecipa attivamente e con passione alla difesa della laicità dello Stato e della scuola pubblica, dei diritti e dei servizi che il pubblico dovrebbe difendere ed erogare, nel confronto con gli estremismi  e le intolleranze, anche personali, suscitate per aver messo in dubbio l'opportunità (o la semplice correttezza) di un sistema che supporta e favorisce le scuole paritarie a svantaggio di quelle pubbliche, si ritrova improvvisamente a essere un moderato... e io mai avrei pensato di esserlo e tanto meno di poter diventare un moderatore!
Luca Preti

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